13 luglio 2012

Salento fuoco e fumo.

Arriva in libreria per la collana Contromano di Laterza "Salento fuoco e fumo" di Nandu Popu.
Pubblichiamo un estratto dal capitolo:  "Lu soundsystem ete la BBC delli poveri". 
 
Vedere il mondo dalla sella di una bici è diverso. Vi rivelo un segreto: pedalare è come volare. La bici dopo alcuni istanti scompare. Sparisce pure il mio dialogo interno. Scompaiono i suoni della campagna, scompare il rumore delle mie pedalate, il fruscio dei copertoni che mordono il terreno. È a questo punto, quando tutto intorno è silente, quando anche la bici scompare sotto le mie gambe, che mi sembra di volare. Sì, volare. Dolcemente volare. Chissà se Modugno andava in bici... Da quando faccio le gare di cross country ho iniziato ad alimentarmi con criterio, riscoprendo la dieta dei miei nonni. Credetemi, per un atleta è il massimo. Non mangio più cadaveri rossi (carne rossa), tutt’al più un po’ di pollo due volte al mese, e mi perdoni il formaggio se oramai i suoi grassi raggiungono solo di rado i miei vasi sanguigni. Oggi mi nutro in modo sano, con verdure, cereali e legumi, e la mattina mi accontento di una colazione a base di caffè, banane, kiwi, arance e un cornetto. E poi, essendo ciclista, mi dopo! Nel senso che uso sostanze dopanti che alterano le mie prestazioni. Il mio doping è assolutamente legale, e funziona bene ugualmente: io mi faccio di alga spirulina, un’alga che contiene un mucchio di vitamine B che, a quanto pare, annullano la stanchezza. Che i pensieri ci danneggiano, l’ho capito in bici. Ho già detto che la sensazione più gratificante che si prova su una bicicletta è l’interruzione del dialogo interno: tradotto in parole, significa smettere di pensare, smettere di ascoltare quella voce dentro di te che parla, si arrabbia, simula discussioni talvolta improbabili, prevede, profetizza assurdità, ricorda, dimentica, sfida, si nasconde e chissà di cos’altro è capace. Pensiamo sempre, ininterrottamente. Bene, talvolta questi pensieri crescono di volume, diventano assordanti e insignificanti. E più si fanno assordanti, più sono insignificanti. Bisogna smettere di pensare per un momento, in un mondo con troppi pensieri e pochi pensatori – ripete sempre zio Maurizio. Gianluca, il mio compagno di squadra, è un ottimo biker, dalla pedalata potente e continua, un passista insomma, mentre io sono uno scattista e vivo di soli agguati. Lo conosco da quando eravamo piccoli. Vive a San Pietro Vernotico, un paese distante una decina di chilometri dal mio, e insieme a lui faccio parte di un team di bikers. La nostra squadra ha due obiettivi: le escursioni infrasettimanali, che giovano tanto all’umore quanto alle gambe, e poi le gare che ci permettono di passare intere domeniche in giro per il Sud Italia. Il team è composto da trentaquattro bikers, quattordici hanno meno di quindici anni e sono la nostra speranza: durante le gare li “carichiamo” per spingerli a dare il massimo, durante la settimana cerchiamo di fargli usare il cervello, perché lo sport è inutile se non riesci a dargli una ragione. Molti di loro vivono nella 167, un quartiere degradato di San Pietro Vernotico, che in passato è stato uno dei centri di comando della Sacra Corona Unita. Capirete anche voi che in questi casi la mountain bike diventa una sorta di prevenzione per i minori a rischio. Le gare permettono loro di conoscere altre storie, altre situazioni, altri coetanei che non parlano di compari, lupare bianche, rapine e borsoni da spostare da un punto all’altro del paese. E noi speriamo che li spingano a uscire, a tirarsi fuori dai quartieri violenti. Noi gli insegniamo a pedalare, a rispettare le regole in gara, a imparare le tecniche e le discipline che consentono alle nostre bici di essere pedalate. Non è una scuola e non riceveranno alcun titolo, ma tornano a casa stanchi e con qualche idea in più. Gianluca è uno di quei bikers dotati d’infinita pazienza, capace di portarsi in giro per gli sterrati tutti quei ragazzini chiassosi e brufolosi. Dovreste vederlo all’opera: è capace di gestirli con un solo sguardo, manco fosse un sergente di ferro. Però così i ragazzi crescono disciplinati. Ma è un ruolo che si è ritagliato solo quando allena, perché Gianluca è soprattutto una persona gioviale e corretta, e se si comporta in modo inflessibile è solo perché conosce i quartieri degradati e sa bene che finché questi piccoli bikers avranno timore di arrivare in ritardo ai suoi allenamenti avremo la possibilità di sottrarli alla criminalità.
(continuate la lettura in libreria)

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