di Tiziano Bianchi (fotoservizio di Paola Attanasio) –
Il fotovoltaico fa male alla terra. Detta così può sembrare un’affermazione paradossale. E, tuttavia, quello che sta accadendo, ed è accaduto in questi anni, in Puglia racconta la storia di un modello di sviluppo energetico, cosiddetto verde, che si prepara, e in parte lo ha già fatto, a compromettere irrimediabilmente un tessuto economico tradizionale come quello dell’agricoltura e della viticoltura del Mezzogiorno. I parchi fotovoltaici, che stanno crescendo liberamente – selvaggiamente, dicono ormai in molti -, rubano terra all’agricoltura e stanno cambiando il profilo dell’orizzonte salentino. E’ una rivoluzione traumatica destinata a provocare un irreversibile impatto geologico sui terreni, tale da minarne definitivamente la composizione morfologica – come denuncia l’associazione ambientalista TerraRossa di Mesagne e San Pancrazio, con dati e studi scientifici alla mano -; ma anche a cambiare il profilo sociale ed economico di questa lingua di terra che si proietta vorticosamente nel mediterraneo. Il tema è diventato di attualità e travalica i confini del Salento, e quelli della Puglia, per diventare metafora di un futuro di marginalizzazione dell’agricoltura, stretta dentro la morsa di un industrialismo energetico che non inquina l’aria ma che fa morire la terra. Politica e organizzazioni ambientaliste cominciano solo ora, e di certo con enorme ritardo, a parlarne. In tutto questo, tuttavia, la voce del mondo agricolo è rimasta sullo sfondo, a fare da protagonista muto di un processo di cambiamento che lo sta asfissiando. Con qualche eccezione, che vale la pena di citare. Per esempio quella di Angelo Maci, enologo innamorato della sua terra e della viticoltura del Salento: l’autore del piccolo grande miracolo di Cantine Due Palme (http://www.cantineduepalme.it) di Cellino San Marco; un marchio conosciuto ormai in tutto il mondo e un’esperienza di imprenditoria cooperativistica d’eccellenza, che consente agli oltre mille soci conferitori di trarre dalla viticoltura la giusta redditività; le ultime liquidazioni si avvicinano ad una media di 50 euro a quintale. Quasi il doppio della remunerazione media pugliese.
A dimostrazione del fatto che l’agricoltura, anche quella gestita in forma cooperativistica, può ancora essere un settore economicamente redditizio. Dietro questo miracolo (gli ingredienti: ricerca, qualità, marketing ma soprattutto fedeltà alla tradizione di un territorio), c’è lui, l’enologo presidente del Consorzio di Tutela del Salice Salentino. Un lavoro sulla qualità e sui vitigni autoctoni che ha fatto scuola, il suo. Una voce autorevole dunque, e non solo per la Puglia, anche su temi come quelli che oggi vedono confrontarsi due modelli di sviluppo che fanno fatica a trovare un momento di sintesi. L’allarme, lui, lo aveva dato già un paio di anni fa, quando ancora di queste cose se ne parlava raramente. Non è un tema nuovo, dunque, per Maci quello dell’impatto sull’agricoltura della green economy, applicata secondo un modello industrialista, come sta avvenendo oggi nel Salento: “Questo tema lo ho già affrontato più volte, in tempi in cui forse si sarebbe potuto ancora evitare il peggio. Ma la mia denuncia è rimasta inascoltata, dalla politica e dai miei colleghi del settore vitivinicolo”. Ma andiamo con ordine. Il boom del fotovoltaico nel Salento è un grande affare, i cui protagonisti non sono solo i grandi gruppi internazionali dell’energia: le visure camerali rivelano che dietro a questo business, ben inscatolata dietro partecipazioni azionarie consistenti, c’è anche la presenza di un’aggressiva imprenditoria locale che, legittimamente, non si è lasciata sfuggire l’occasione di moltiplicare i profitti. Un grande affare che negli ultimi due anni ha trovato terreno fertile, è proprio il caso di dirlo, dentro un assetto normativo carente e lacunoso e in un contesto economico,quello agricolo, poco remunerativo: “Ci sono due ordini di responsabilità in quello che è avvenuto – spiega Maci -: una responsabilità delle classi dirigenti politiche, comunali, provinciali e regionali. E una responsabilità che invece interroga da vicino il mondo dell’imprenditoria agricola pugliese”. Quali sono le responsabilità della politica? “L’aver lasciato questo settore senza un’adeguata copertura normativa: se oggi stiamo qui a parlare di fotovoltaico selvaggio, questo accade perché la politica è stata troppo timida e poco lungimirante. Lasciando di fatto mano libera agli imprenditori della green economy”. E il mondo dell’agricoltura, quali le sue responsabilità? “Non essere stato in grado, parlo del mondo cooperativistico, di assicurare una remuneratività adeguata ai viticoltori e agli agricoltori in generale. In una situazione come questa, è inevitabile che si inneschi un meccanismo di abbandono progressivo delle coltivazioni. Il contadino preferisce vendere e monetizzare. E chi acquista lo fa per trasformare queste terre in sconfinati, e redditizi, parchi fotovoltaici.
Ed è qui che il mondo cooperativistico deve trovare il coraggio di aprire un dibattito serio; il lavoro in campagna deve essere messo nelle condizioni, e lo si può fare, di produrre un reddito adeguato: solo così potremo convincere i nostri agricoltori a non abbandonare le loro terre”. Il risultato è che da Brindisi a Mesagne, oggi, gli impianti fotovoltaici hanno ricoperto di specchi energetici ettari ed ettari di terreno agricolo più o meno pregiato. Installazioni che hanno cambiato irreversibilmente l’architettura del paesaggio tradizionale e lo hanno trasformato in una surreale visione lunare. Ma anche il dato paesaggistico è qualcosa che ha a che fare, economicamente, con una bottiglia di vino; la lezione ormai dovrebbero averla imparata tutti: un’etichetta si vende, e si vende ad un prezzo adeguato, solo quando è in grado di raccontare magie, segreti e suggestioni di un territorio. Quando è rappresentazione plastica e poetica del terroir che la fa nascere. Una bottiglia di vino deve essere “un ambasciata del territorio”, ama ripetere spesso uno dei maestri della viticoltura internazionale come il marchese Carlo Guerrieri Gonzaga. E’ la lezione francese che i viticoltori d’oltralpe seguono da secoli. Anche su questo punto Maci, concorda: “Abbiamo fatto un lavoro lungo almeno 15 anni per far diventare il nostro Negramaro un’etichetta venduta in tutto il mondo. Insieme al Negramaro abbiamo venduto il Salento con il suo profilo paesaggistico inconfondibile, con i suoi odori e i suoi sapori. I parchi fotovoltaici realizzati fino ad oggi hanno danneggiato pesantemente anche la nostra immagine, l’immagine veicolata attraverso le nostre bottiglie di vino. E questo è un danno economico già ben misurabile”.
Lei, dunque dice no al fotovoltaico? “Io dico no al fotovoltaico selvaggio, quello che inquina il paesaggio e depreda i terreni a vocazione agricola. Dico no ai pannelli solari lungo le strade delle nostre campagne perché questo incide negativamente sul nostro lavoro. Dico invece sì ad un fotovoltaico pulito, senza impatto ambientale nocivo per il nostro paesaggio”.
Forse, però, ormai è troppo tardi, non trova? “Alcune operazioni, come a Brindisi o a Mesagne, ormai sono state compiute e la politica, che ora sta cercando faticosamente di mettere delle regole, è intervenuta con estremo ritardo, quando ormai i buoi erano fuori dalla stalla. E tuttavia sono convinto che alcuni altri interventi, che per ora sono solo ancora in una fase progettuale come la famigerata centrale di San Pancrazio, possano ancora essere fermati. Quello che è certo è che in questo settore c’è bisogno subito di una moratoria”.
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