La scelta di incrementare l’uso del carbone per la produzione di energia elettrica è una scelta nociva e sbagliata, soprattutto oggi che i cambiamenti climatici costituiscono una minaccia per il futuro del Pianeta e le fonti rinnovabili, insieme all’efficienza energetica, rappresentano l’alternativa efficace e praticabile.
La combustione del carbone in centrali elettriche rappresenta, infatti, la più grande fonte “umana” di inquinamentoda CO2, più del doppio di quelle a gas. A parole tutti sono per la lotta ai cambiamenti climatici, ma in Italia si fanno scelte in senso contrario, nonostante l’Unione Europea abbia assunto la decisione di ridurre entro il 2020 di almeno del 20% le emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990.
Il carbone è anche una grave minaccia per la salute di tutti: la combustione rilascia una cocktail di inquinanti micidiali (Arsenico, Cromo, Cadmio e Mercurio, per esempio), che coinvolgono un’area molto più vasta di quella intorno alla centrale. L’Anidride solforosa emessa, combinandosi con il vapore acqueo, provoca le piogge acide, per non parlare dei danni alla salute derivanti dalle polveri sottili.
La consapevolezza del legame tra danno ambientale e minacce per la salute umana, con inevitabili costi per la collettività, dovrebbe ormai costituire una consapevolezza comune. Ciò nonostante, e per mere convenienze proprie legate all’attuale prezzo del carbone (peraltro in salita), alcune aziende insistono per costruire nuove centrali a carbone o riconvertire centrali esistenti.
Con i recenti referendum oltre 25 milioni di italiani hanno rivendicato il diritto a decidere del proprio futuro, un futuro in cui i cambiamenti climatici non raggiungano livelli distruttivi per l’ambiente, il benessere e la stessa specie umana, un futuro di vera sicurezza energetica, un futuro di vera e stabile occupazione. Rivendichiamo anche il diritto a essere coinvolti in scelte chiare, fondate su strategie e piani condivisi e non dettati dalle lobby energetiche, ma dall’interesse di tutti e dal bene comune.
Proponiamo il territorio polesano come laboratorio nazionale per cominciare ad immaginare ed attuare l'alternativa energetica, per uscire dalle fontifossili.
Cominciamo questo percorso con una giornata di mobilitazione nazionale contro il carbone il 29 ottobre, e con una manifestazione nazionale a Porto Tolle.
A Porto Tolle, l'ENEL vuole – anche con modifiche alle leggi e alle normali procedure, operate da una politica compiacente – convertire una centrale a olio combustibile in una centrale a carbone della potenza di 2000 MW, nel mezzo del parco del Delta del Po. Questa centrale a carbone emetterebbe in un solo anno 10 milioni di tonnellate di CO2 (4 volte le emissioni di Milano), 2800 tonnellate di ossidi di azoto (come 3.5 milioni di auto), 3700 tonnellate di ossidi di zolfo (più di tutti i veicoli in Italia), richiedendo lo smaltimento di milioni di tonnellate di gessi e altre sostanze.
La centrale a carbone di Porto Tolle non avrebbe alcun senso. La riconversione avverrebbe al di fuori e contro di ogni strategia di riduzione delle emissioni di anidride carbonica (strategia che ancora oggi
non c’è) e persino di ogni logica energetica, dal momento che l’Italia ha una potenza istallata quasi doppia rispetto al picco della domanda, al punto che i produttori di energia elettrica lamentano che gli impianti vengono oggi usati per un terzo della loro potenzialità.
Non solo: oggi le maggiori prospettive di nuovi posti di lavoro, nel mondo e in Italia, sono nei settori delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, con numeri che in alcuni Paesi ormai superano l’industria tradizionale; al contrario, la centrale a carbone porrebbe a rischio l’occupazione già esistente, e quella futura, nell’agricoltura, nel turismo e nella pesca.
La riconversione a carbone avverrebbe con una tecnologia di combustione che, pur spinta ai suoi migliori livelli, resta sempre assai più inquinante di quella basata sul gas naturale, e dannosa per la salute; nel caso di Porto Tolle, i dati di rilevazione e le epidemiologie mostrano che l’inquinamento e i danni sanitari si estenderebbero per buona parte della Pianura Padana che è già una delle aree più inquinate del Pianeta.
Il ricatto occupazionale di ENEL, dunque, va rifiutato da tutti con dignità e fermezza, perché oggi più che ieri il futuro è nell’economia sostenibile per l’ambiente e nella democrazia delle scelte.
Con la giornata del 29 ottobre ci rivolgiamo a tutti, anche a coloro che subiscono il ricatto occupazionale, nel Polesine e ovunque in Italia vi siano progetti di costruzione di nuove centrali a carbone o di ampliamento di quelle esistenti, per rifiutare tutti insieme il ricatto occupazionale e cominciare invece a costruire un lavoro dignitoso, una società basata sull’interesse collettivo e non sugli interessi di pochi, sulla dignità
dell'oggi e sulla possibilità di un futuro per tutte e tutti.
COORDINAMENTO VENETO CONTRO IL CARBONE
Promotori
AltroVe,rete comitati e associazioni per un altro Veneto; ARCI; Associazione altramente scuola per tutti; A sud; Circolo culturale "AmbienteScienze" di Cremona;Comitato Energiafelice; Comitato SI alle energie rinnovabili NO al nucleare; Coordinamento Veneto Contro il Carbone; Ecologisti democratici; Fare Verde; Federconsumatori; Forum Ambientalista; Greenpeace; Kyoto Club; Italia Nostra; ISDE - Medici per l'Ambiente; Legambiente; LIPU; Movimento Difesa del Cittadino; Movimento Ecologista; Otherearth; Rete della Conoscenza (Uds - Link); Rigas; WWF; Ya Basta.
Primi firmatari
Federazione nazionale dei Verdi; PRC-FDS Nazionale; SEL Nazionale
Adesioni individuali:
Anna Donati; Virginio Bettini; Ilaria Boniburini; Edoardo Salzano
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