6 agosto 2014

UN TRANQUILLO GIORNO NERO A TORRE SAN GENNARO. di Andrea Martina

Sappiamo come funziona quando il vento soffia da nord. Noi che in questa zona siamo cresciuti, con l’ombra perenne del gigante, sappiamo cosa arriva dall’aria e dal mare.
San Pietro Vernotico, Torchiarolo, Cellino San Marco e le vicinissime marine si sono abituate e già la mia generazione può dire di non aver mai avuto il piacere di respirare un’aria diversa a casa propria: siamo nati nel carbone.

Con il vento che aumenta vado a prendere il religioso caffè di inizio giornata in un bar di Torre San Gennaro. 
Entrano insieme a me due signori che indossano una polo lavorativa con il logo di un’azienda del polo industriale di Brindisi famosa per aver ammazzato a norma di legge un territorio. Fin qui nulla di strano. I due signori salutano educatamente e la barista (che non avrà più di 25 anni) mi chiede se li conosco, le rispondo di no e lei continua a dirmi: “Magari li conoscessi io… con quel bel posto di lavoro che hanno”. 

Una cosa così non si può accettare, non da una ragazza di quell’età. Ed è lo specchio di una mentalità che ci ha segnati: il posto di lavoro in cambio di un tumore in famiglia e della dignità, un posto di lavoro che uccide le altre persone .
Vado in spiaggia e mi rendo conto che la sabbia è nera. Il prezzo del vento è anche questo. Percorro tutta la battigia del Lido Presepe notando quanto le macchie nere siano uniformi e continue, alternate da una schiuma bianca molto densa che il mare non riesce a riportare dentro con il movimento delle onde.
Poi c’è una famiglia con due bambini piccoli che giocano. La mamma ed il papà prendono il sole e uno dei due figli inizia a giocare a riva con quella schiuma, se la passa da una mano all’altra, la fa colare a terra e poi la riprende. Poi mi concentro su dove si trova e noto che è seduto in mezzo a diverse chiazze di schiuma gialla. La madre prende il sole.
Dopo aver visto questo triste spettacolo mi guardo attorno, ho fatto un po’ di strada e adesso le case di Torre San Gennaro non riescono più a nascondere il camino di quel mostro. È troppo grande. Il paesaggio sembra spettrale con questa distesa nera, la spiaggia ridotta tra le onde e le dune ad una piccola striscia, la schiuma gialla e un generale senso di abbandono.
Ma qui so che c’è anche dell’altro. Gente che resiste e non ci sta a tirare giù una saracinesca per qualcosa che non ha mai voluto e non vuole tutt’ora, persone che hanno passato la loro infanzia, ci sono le nonne che hanno conservato quella sana abitudine di pulire il proprio marciapiede di prima mattina, non tutti hanno smesso di credere in questo posto.
Qualche chilometro più a nord, però, c’è un’azienda che ha scommesso nella rovina di un’intera costa sotto la bandiera del profitto.
Prendo in mano un po’ di sabbia: è tutta nera, sembra di essere dentro ad un carbonile. Decido di raccontare quello che ho visto, di fotografare e di diffondere.

Caro lettore, se le parole che hai letto non sono servite o non erano complete ti invito a guardare queste fotografie. È la realtà. Guarda e tieni la testa alta senza spegnere il cervello. Questa terra non se lo merita.


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