(di Pino De Luca)
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E dunque, di nuovo, sono a partecipare ad una discussione che ha al centro dell'attenzione il tema dell'energia. Finalmente un passo avanti qui si è fatto. Si parla di fotovoltaico e non, come si fa di solito, di incomprensibili energie tradizionali, alternative, sporche, pulite e così via.Lo premetto sempre e lo farò anche questa volta: non sono un amante dell'Arcadia e ritengo che la tecnologia sia essenziale per la vita decente degli esseri umani.Veniamo al fotovoltaico di larga scala, ovvero alla occupazione di ettari ed ettari di territorio per installarci sopra dei pannelli capaci di trasformare energia luminosa in energia elettrica.Io affermo categoricamente che il fotovoltaico di larga scala è, insieme, tre cose: una gigantesca stupidaggine in termini tecnico-economici, una ignobile speculazione per accaparrarsi finanziamenti più o meno narrabili, la distruzione demenziale di risorse collettive straordinarie. Puro vandalismo.
E questo vale chiunque sia il proprietario dell'impianto. Società note come ENEL e similari o piccoli produttori con sedi svizzere, australiane o dell'isola di Tonga.
Affermo inoltre che lo stesso discorso vale per l'eolico, per l'idroelettrico, per il carbone, il metano, l'uranio e i derivati del petrolio.
Ogni insediamento energetico può essere necessario, utile, inutile e dannoso. Esso deve rispondere ad alcuni requisiti essenziali per catalogarsi in uno dei quattro valori. Potenza, continuità, distanza dei consumatori, distanza delle materie prime che la alimentano. Non è difficile fare un po' di conti, leggere qualcosa di sistemi industriali per comprendere quanto alcune avventure siano legate esclusivamente alla logica del profitto. E anche qui nessuno si deve scandalizzare, nel mondo capitalistico il profitto non è scandaloso, anzi è il motore del benessere sociale. Bisogna riflettere però su un punto: quando il profitto non è generato dalla virtuosa compenetrazione tra capitale e lavoro bensì dalla appropriazione brutale della ricchezza collettiva si chiama ancora plusvalore o assume la conformazione di malloppo?
Disquisizioni filosofiche e tecniche annoiano il lettore e l'amministratore, anche quello più in buona fede. Mi fermo quindi con gli aspetti generali e passiamo al particulare che è stato evidenziato da alcune sollecitazioni: si vuole sapere nello specifico, sull'impianto di pannelli fotovoltaici in questo o quel luogo che se dice?
Nulla, solo alcune domande ai progettisti, proprietari, utilizzatori e difensori:
Domanda 1: il terreno sul quale giace l'impianto è stato ovviamente riconfigurato e drenato per quanto riguarda le acque piovane. Dove andranno a sversarsi?
Domanda 2: come verrà mantenuto netto il terreno dal proliferare della vegetazione?
Domanda 3: la cementificazione delle piattaforme di quanto ha ridotto il coefficiente di assorbimento idrico del terreno?
Domanda 4: in termini di eliofania (sarebbe l'esposizione diretta ai raggi solari) cambia e quanto l'esposizione dei terreni limitrofi?
Domanda 5: il terreno su cui sono posti i pannelli è ancora qualificato come agricolo o si configura come insediamento industriale?
Mi fermo qui sull'immediato, senza domandarmi cosa accadrà a fine esercizio non della superficie del terreno ma delle sue profondità. Qualche anno fa, in occasione di una analoga vicenda per un'altra tipologia di impianto, mi permisi di suggerire alcune domande. Un mio compagno, consigliere comunale di maggioranza, le pose a tecnici e progettisti e costoro, giustamente e professionalmente, le giudicarono molto pertinenti e presero il loro tempo par dare risposte concrete e puntuali.
Ci fu una crisi amministrativa, si sciolse il consiglio comunale e fu eletta una nuova sindacatura.
L'impianto energetico si realizzò. Le risposte a quelle domande non sono mai arrivate perché il mio compagno non fu nemmeno candidato e nessun altro le ebbe a porre.
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