9 novembre 2011

I risultati dell‘analisi della mortalità in 44 siti inquinati italiani.

(tratto da scienzainrete.it Ufficio Stampa ISS)

Sono stati presentati, martedì 8 Novembre al 35° congresso annuale dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, i risultati dello studio "Sentieri" (acronimo di Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con l’Università di Roma La Sapienza, il Centro Europeo Ambiente e Salute OMS, il Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio e l’Istituto di fisiologia clinica del CNR, nell’ambito del Programma Nazionale Strategico "Ambiente e Salute" promosso dal Ministero della Salute.
Lo studio ha analizzato i dati di mortalità, in un arco di tempo che va dal 1995 al 2002, in 44 dei 57 SIN, “Siti di bonifica di interesse nazionale”, presenti sul territorio italiano. 

Nel loro complesso, queste aree sono caratterizzate da una mortalità in eccesso rispetto alle medie regionali. Vale a dire che le morti “osservate” sono, in quasi tutte le località, maggiori di quelle “attese”. Sentieri ha definito le esposizioni ambientali sulla base dei decreti di perimetrazione di queste aree di bonifica, caratterizzate dalla presenza di impianti chimici, petrolchimici, raffinerie, industrie siderurgiche, centrali elettriche, miniere e cave di amianto e altri minerali, porti, discariche e inceneritori. Insomma, l'Italia dell'industria pesante e delle pattumiere, dove generazioni di lavoratori hanno prodotto benessere e ricchezza spesso a costo della loro salute.

Quanti i morti da contaminazione industriale?

Delle 63 cause di morte prese in considerazione dalle statistiche, alcune emergono come indubitabilmente legate a contaminazioni ambientali e malattie lavorative.

Il caso più palese è rappresentato dalle 416 morti in eccesso per tumore alla pleura (tipica lesione da amianto) nei siti contaminati da amianto, per la presenza di cave di estrazione del minerale o di impianti di lavorazione 
Nei poli petrolchimici si sono osservati eccessi di morte per tumore polmonare e per malattie respiratorie non tumorali.
Per questo dato l’attribuzione alla contaminazione ambientale pur non essendo certa risulta probabile. Sono stati inoltre individuati incrementi localizzati di mortalità per malformazioni congenite, malattie renali, malattie neurologiche e oncologiche riconducibili, sempre con criteri probabilistici, alle specifiche emissioni considerate. Altri dati significativi riguardano l’incremento di mortalità per linfomi non Hodgkin nei siti contaminati da PCB, mentre nei siti contaminati da piombo, mercurio e solventi organoclorurati è stato osservato un aumento delle malattie neurologiche.

3.508 in otto anni: ecco a quanto ammontano i morti in più per malattie riconducibili alle esposizioni industriali. Un tributo pagato dalle popolazioni locali all'industrializzazione del paese, che ha lasciato un segno pesante nella contaminazione dei suoli e delle falde, dei fiumi e nei tratti di mare antistanti le aree più critiche” E questa è solo la punta dell'iceberg dell'impatto sanitario da cause ambientali, in quanto l'analisi considera solo la mortalità, quindi non misura adeguatamente le malattie non letali.


Se invece si considera il complesso delle cause di morte, l'eccesso sale a 9.969 casi (oltre 1.200 casi all'anno), quasi tutti concentrati nel Sud Italia (8.933 decessi). Come sapere se queste morti non riguardano solo o soprattutto gli operai che hanno lavorato nelle industrie interessate dallo studio?
Ce lo dice il fatto che per quasi tutte le malattie considerate la mortalità ha riguardato sia gli uomini sia le donne e tutte le classi d'età. Tutta la popolazione quindi è stata più o meno interessata dalla contaminazione diffusa.
“Una popolazione che, già penalizzata da condizioni socioeconomiche sotto la media, deve per giunta fare i conti con una maggiore concentrazione di attività inquinanti” aggiunge Francesco Forastiere del Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio. “Loro pagano in prima persona con morti e malattie, mentre le bonifiche, in forte ritardo, le paga tutta la collettività e quasi mai i privati che hanno determinato queste situazioni”.

Oltre la mortalità.
Lo studio condotto fino ad ora estenderà il periodo in alcuni casi fino al 2008, analizzerà le schede di dimissione ospedaliera, i registri tumori, delle malformazioni congenite e di altre malattie per avere un quadro anche del carico di malattie di origine ambientale.

Più in generale, nei prossimi anni partirà una serie di studi di biomonitoraggio umano e analisi di alcuni alimenti proprio per colmare le lacune della ricerca attuale. Lo studio Sentieri è infatti di tipo geografico-descrittivo, e non ha potuto misurare direttamente l'esposizione delle popolazioni ai diversi inquinanti. I morti in più sono un importante campanello d'allarme di una situazione degradata. Manca però la “pistola fumante”, l'individuazione puntuale delle sostanze killer e del modo in cui queste – dal suolo, dalle falde e dai corsi d'acqua – abbiano contaminato le persone. Delle ipotesi, ovviamente, esistono. “Escludendo il consumo di acqua potabile che in tutta Italia è controllata nel rispetto delle soglie di legge, si ipotizza che questi inquinanti in specifiche situazioni possano migrare dai terreni agli ambienti indoor sotto forma di vapori” spiega Loredana Musmeci, dell'Istituto Superiore di Sanità. “Un'altra via importante di contaminazione è attraverso il consumo di alimenti, in particolare verdure e pesce”.
Una caratterizzazione chimica dei terreni inquinati e campagne di analisi del sangue e di altri liquidi biologici della popolazione esposta consentiranno di formulare un quadro preciso della contaminazione ambientale, nonché un piano efficace di risanamento di questa Italia avvelenata.


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