(fonte: gualerzi.blogautore.repubblica.it)
Si allontana la possibilità che la vecchia centrale Enel di Porto Tolle (Rovigo) venga riconvertita a carbone. Il Consiglio di Stato ha annullato infatti oggi il decreto con cui il 29 luglio 2009 il ministero dell’Ambiente aveva dato parere positivo alla Valutazione d’impatto ambientale del progetto. Atto formale siglato dal ministro Stefania Prestigiacomo, ma che aveva preso il via nel lontano 2005 sotto la gestione di Alfonso Pecoraro Scanio ottenendo dall’esponente verde nel 2007 un ok condizionato ad una serie di migliorie nel controllo delle emissioni di ossido di zolfo e particolato.
La sentenza della Sezione sesta del supremo organo della giustizia amministrativa accoglie il ricorso presentato da Wwf, Greenpeace, Italia nostra, operatori turistici, alberghieri e di stabilimenti balneari, associazioni di pescatori e comitati cittadini, ribaltando il parere dato in primo grado dal Tar del Lazio lo scorso giugno.
La notizia è stata accolta con soddisfazione dagli ambientalisti. “Viene travolto anche il provvedimento del ministero dello Sviluppo economico con cui si autorizza la costruzione dell’impianto”, esulta Matteo Ceruti, l’avvocato che rappresenta tutti i ricorrenti “Siccome – precisa ancora il legale – sulla base del codice ambientale, il presupposto per la costruzione di un progetto è che ci sia il parere favorevole della Via, con l’annullamento di tale provvedimento viene caducato anche quello successivo del ministero dello Sviluppo economico di concerto con il ministero dell’Ambiente emesso a inizio anno” che autorizzava la costruzione della centrale.
E’ stata “battuta quindi la tesi dell’Enel secondo cui la centrale a carbone sarebbe meno inquinante di una equivalente centrale a gas, grazie ai camini più alti che abbassano le concentrazioni al suolo degli inquinanti”, commenta soddisfatta Greenpeace. “Il carbone – ricorda Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia – è il peggior killer del clima del pianeta. Non è possibile ritenerlo ambientalmente compatibile con nulla, men che meno con una zona fragile come il Delta del Po”.
“La tecnologia a “carbone pulito” – sottolinea il Wwf – è così definita perché questi impianti sono dotati di desolforatori e di denitrificatori; si tratta in realtà di sistemi che permettono di abbattere solo una parte delle sostanze inquinanti quali gli ossidi di zolfo e di azoto che comunque continuano ad essere sempre nettamente superiori rispetto a quelle di una centrale di pari potenza a ciclo combinato a gas”.
Recrimina invece l’azienda elettrica: “L’Enel prende atto con stupore della sentenza del Consiglio di Stato”e “in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza ricorda che questa decisione rischia di cancellare un progetto necessario per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese e per la riduzione del costo finale dell’energia, progetto che vedeva un investimento da circa 2,5 miliardi di euro e oltre 3.000 posti di lavoro per i 5 anni necessari a costruire l’impianto e che avrebbe migliorato di molto l’ambiente con l’utilizzo delle più avanzate tecnologie di abbattimento di fumi e inquinanti”.
La storia dell’impianto di Porto Tolle è lunga è travagliata. Lo scorso gennaio la Corte di cassazione aveva confermato infatti in via definitiva le condanne inflitte agli ex manager dell’Enel LUigi Tatò e Paolo Scaroni per i danni ambientali prodotti dalla centrale durante la sua fase di attività ad olio combustibile.
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