
Getto pericoloso di cose e danneggiamento aggravato. Condannati due dirigenti Enel, Calogero Sanfilippo, responsabile della produzione e Antonino Ascione, responsabile dell’unità di business, entrambi coscienti delle dispersioni del carbone avvenute sia dal carbonile della grandezza di 125mila metri quadri, sia dai 12 chilometri di nastro trasportatore.
Questo un po’ il mood di ciò che i due manager si
scrivevano tramite mail e venuto a galla grazie all'inchiesta della Digos:
“Io lo manderei a fare in culo dal nostro avvocato”
“Lo abbiamo risarcito altre due volte ma adesso lo
manderei a fare in culo…”
“La famiglia Cosenti è stata risarcita nel 2000 e nel
2005. In altre tre occasioni ha presentato richiesta senza essere risarcito…
Condivido di mandarlo a fare in culo, anche se alla fine occorre risolvere il
problema”
“Una soluzione potrebbe essere quella di acquistare o
di iniziare a mostrare interessamento all’acquisto del terreno”
“Sono d’accordo nel sentirlo ma, essendo un
rompicoglioni tipo Spedicato (un altro agricoltore, nda), bisogna evitare che
diventi una piattola. Ciao”.
Nel frattempo i due dirigenti sono stati al loro
posto, nei loro uffici, sulle loro poltrone fino al giorno della sentenza che
li ha condannati a 9 mesi di reclusione. Assolti gli altri 11 imputati ma
condannata Enel Produzione che insieme ai due dirigenti dovrà risarcire 58
contadini.

Un primo passo che è un bicchiere mezzo pieno perché l’impatto di Enel su questo territorio non può chiudersi con una condanna per imbrattamento. Il nostro territorio è vittima di un danno ambientale di proporzioni enormi e non solo alla luce dei gravissimi dati sanitari che abbiamo a disposizione.
Per questo la nostra battaglia non si ferma qui ma continua perché quell’impianto deve essere chiuso definitivamente e quell’area bonificata e riconsegnata alla collettività. L’era dei combustibili fossili è terminata, il vecchio modello industriale che abbiamo dovuto subire ha fallito, il teorema per cui la tutela del lavoro passa necessariamente dalla tutela della produzione industriale non è stato mai dimostrato anzi, è avvenuto proprio il contrario. A Brindisi si tutelano i colossi dell'energia e della chimica, si tutela la rete affaristica tra malapolitica e interessi finanziari delle grandi multinazionali, si tutelano i grandi capitali di Enel mentre la disoccupazione cresce a dismisura come cresce il fenomeno dell’emigrazione in cerca di lavoro, la corruzione e l’inaridimento fisico e culturale del territorio.