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20 febbraio 2012

NON PIÙ DISPOSTI A VIVERE COME "POLLI D'ALLEVAMENTO".

È inutile girarci intorno: ci sono città prescelte per diventare colonie industriali e Brindisi, suo malgrado, è stata una di queste.
Città "cavia" e territorio di conquista per colossi economici come Enel o Eni, che da decenni "operano" anche e soprattutto sulla decrescita culturale dei cittadini.
Portare nelle strade, quindi, l'iniziativa "io ci metto la faccia", rappresentava per noi una sfida molto difficile. Come avrebbe reagito Enel-city  a tale provocazione? Quanti brindisini sarebbero stati  disposti  a schierarsi contro il carbone mettendoci  addirittura la faccia?
Nei due giorni dell'iniziativa il gran numero di persone che si sono fermate a farsi fotografare, sono state  la risposta a tutti i nostri dubbi iniziali. Sono state la dimostrazione che qualcosa lentamente sta cambiando, che il germe della verità  si sta insinuando  nella testa dei cittadini di oggi, ma ancora di più in quelli di domani. Quelle decine di ragazzi e ragazze appena ventenni che si sono fermati a partecipare, a chiacchierare  e chiedere informazioni, sono quei  brindisini di domani che non saranno più disposti a vivere come "polli d'allevamento".
Decine e decine di volti immortalati rappresentano una protesta civile difficile da ignorare, ma soprattutto la risposta più netta e chiara alle parole dell’Ing. Leone, responsabile ENEL per la comunicazione, che in questi giorni aveva dichiarato che l’unico criterio con il quale si produce e vende energia è il criterio economico, e che quindi occorre produrre al più basso costo possibile, oggi ottenibile con il carbone.
Un ragionamento  allucinato  che non tiene in considerazione i costi sanitari,  che un recente studio dell’Agenzia Europea sull’Ambiente ha quantificato in circa 700 milioni di euro all’anno a Brindisi dovuti alla centrale ENEL di Cerano.
La battaglia contro il carbone continua e da oggi è più decisa e determinata che mai.

16 gennaio 2012

Tutte le foto della campagna.

Le chiamano “mamme Nac”, e sono le donne che sperano di restituire un futuro migliore, e pulito, ai propri figli. La sigla sta per “Mamme No al carbone” immortalate insieme ai bimbi nella campagna informativa “Io ci metto la faccia” lanciata dagli ambientalisti brindisini in lotta per chiedere uno studio epidemiologico sulle malformazioni neonatali, che a Brindisi supera del 18 per cento il dato europeo. La percentuale indicata è il risultato di uno studio condotto dai ricercatori del Cnr di Lecce e di Pisa presso il reparto di Neonatologia dell'ospedale Perrino e della Asl di Brindisi. Studi secondo i quali su 7.644 neonati venuti al mondo negli anni fra il 2001 e il 2009, 176 sono affetti da patologie: tradotto vuol dire il 18 per cento di malformazioni congenite in più al resto del continente, tasso che raggiunge la soglia vertiginosa del 67 per cento in più rispetto alla media europea per le malattie cardiovascolari. Sulla base di questi risultati gli ambientalisti hanno chiesto agli enti locali la messa a punto di una ricerca epidemiologica, a sostegno della quale è stata avviata una petizione popolare che ad oggi ha raggiunto la soglia di 6mila firme. Dopo aver sottoscritto la petizione le mamme Nac, che hanno eletto a simbolo della lotta l’ormai celebre “passeggino rosso”, hanno deciso di metterci la faccia e quella dei propri bambini, su manifesti virtuali lanciati in rete grazie al progetto grafico di Gianni Delle Gemme e Mosè Ferrari. Nei venticinque scatti, nati da un’idea di Ornella Tarullo, ci hanno messo la faccia anche i papà.  
(tratto da un articolo pubblicato su Repubblica.it di SONIA GIOIA)




#7 I costi esterni del carbone.


Produrre energia bruciando carbone significa sostenere ingenti spese sanitarie, ma questo è un argomento tabù. Non ne parla nessuno, le Autorità locali compreso il Governo nazionale fanno finta di non sapere e invece lo sanno benissimo.
In base ad un rapporto della European Environment Agency ,l'Agenzia ufficiale dell'Unione Europea incaricata del monitoraggio ambientale, pubblicato il 24 novembre scorso, l'inquinamento industriale delle piu' grandi sorgenti di emissione europee e' costato ai cittadini dell'Unione tra i 102 e i 169 miliardi di Euro.

In questo documento, disponibile online all'indirizzo www.eea.europa.eu sono documentati in dettaglio i costi per la salute e per l'ambiente relativi a 622 impianti industriali europei, che corrispondono ad appena il 6% dei 10000 impianti monitorati dall'agenzia, ma producono il 75% dei costi "scaricati" dall'industria sulla collettivita'.
Tra questi 622 la Puglia compare gia' nelle primissime posizioni, con la Centrale Termoelettrica Federico II di Brindisi che si colloca al 18mo posto in classifica, con costi per la collettivita' stimati tra i 536 e i 707 milioni di euro.

"Le stime dei costi sono calcolate usando le emissioni dichiarate dagli stessi stabilimenti", ha dichiarato la professoressa Jacqueline McGlade, direttore esecutivo dell'Agenzia Europea per l'Ambiente. "Con gli strumenti correntemente utilizzati dai decisori politici per la stima dei danni alla salute e all'ambiente - ha aggiunto la McGlade - abbiamo messo in evidenza alcuni costi invisibili dell'inquinamento, che non possiamo piu' permetterci di ignorare".

Il rapporto e' stato costruito a partire dai dati pubblicamente disponibili sul Registro Europeo delle Emissioni Inquinanti E-PRTR (consultabile su prtr.ec.europa.eu), che sono stati rielaborati con metodi analitici gia' collaudati nel programma europeo "Clean Air for Europe".

Dal calcolo dei costi - segnala l'agenzia - sono stati esclusi alcuni aspetti del danno industriale alla salute e all'ambiente, come l'esposizione dei lavoratori agli agenti inquinanti e i "danni acidi" (acid damage) che colpiscono gli edifici storici e i monumenti.
Gli agenti inquinanti considerati nel rapporto sono l'anidride carbonica, gruppi di inquinanti atmosferici (ossidi di azoto, anidride solforosa, ammoniaca, composti organici volatili non metanici e polveri sottili), metalli pesanti (arsenico, cadmio, cromo, piombo, mercurio e nichel) e microinquinanti organici (benzene, idrocarburi policiclici aromatici e diossine).

Il rapporto e' stato accolto criticamente dall'Arpa Puglia, che in un comunicato del direttore Giorgio Assennato ha dichiarato che "ci sono dei limiti molto seri in questa metodologia, a cui è associata un'alta incertezza delle stime" e che "non hanno molto senso" i dati aggregati relativi ai costi espressi in milioni di euro.

Ma anche di fronte a queste osservazioni, il dato ufficiale fornito dall'Agenzia Europea per l'Ambiente mantiene la sua autorevolezza, in quanto fornito da un organismo tecnico sovranazionale super-partes, che riveste un ruolo ufficiale di supporto alle decisioni politiche.
Per questo motivo, indipendentemente dalle polemiche a livello tecnico-scientifico, questi numeri sono destinati ad avere forti ripercussioni sul piano politico, e i benefici portati Enel in termini di lavoro e occupazione dovranno essere calcolati al netto dei pesanti valori di costo indicati nelle stime europee.

15 gennaio 2012

#6 Intervento del Dott. Stefano Montanari


Il dott. Stefano Montanari, studioso di nanopatologie, illustra il processo di formazione e le conseguenze per la salute del materiale particolato.
Nel video Montanari cita Lavoisier, e si pone in maniera retorica una domanda: -dove va a finire tutto ciò che residua dalla combustione?-
Ecco dove sono andati a finire oltre 100 mila tonnellate di rifiuti tossici pericolosi prodotti dalla centrale Federico II di Brindisi dal 2000 al 2008.




14 gennaio 2012

#5 Il carbone pulito non esiste. Il carbone è radioattivo.


                            Il carbone pulito non esiste. Il carbone è radioattivo.
"Il 90% degli elementi radioattivi emessi dalle centrali a carbone è costituito dal 210Polonio e dal 210 Piombo.
Il primo impiega più di quattro mesi a dimezzare la propria radioattività, il secondo 22 anni. Il che significa che quando una particella di 210-Piombo, trasportata dalle polveri emesse dalle centrali, si deposita nei polmoni o in qualsiasi parte del nostro organismo, irradierà le nostre cellule per buona parte della nostra vita.
Secondo uno studio dell’agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT), la via principale di ingresso nell’organismo umano delle sostanze radioattive emesse dalle centrali a carbone è l’ingestione, cioè l'alimentazione, che complessivamente rappresenta il 78 - 98% di tutte le possibili vie di contaminazione, se si utilizzano, secondo alcuni modelli di simulazione, solo prodotti locali.
I prodotti alimentari più significativi ai fini della valutazione della dose di radiazioni sono i cereali e gli ortaggi." 
18 ottobre 2009 - Maurizio Portaluri (Medicina Democratica)
Nell'ottica di una capillare informazione riportiamo da un sito di "Agenda 21" della Regione Puglia ,  uno studio sulla radioattivita' del carbone :è un articolo lungo ma merita sicuramente la nostra attenzione. 
Per stimolarne la lettura vi antecipiamo una delle conclusioni :
In queste condizioni il problema della valutazione dei flussi di radioattività conseguenti all'esercizio delle centrali a carbone diviene di particolare interesse dal momento che in particolari condizioni metereologiche il pennacchio della centrale potrebbe raggiungere anche altezze notevoli. In tal caso i materiali volanti potrebbero coprire distanze molto grandi prima della ricaduta, determinando un contributo non solo a livello locale ma anche su scala globale.
                       Leggi lo studio tratto da" Agenda 21 della terra d'Arneo"

13 gennaio 2012

"io ci metto la faccia!" #4 _ INTERVENTO DEL DR. GHIRGA _


  Inquinamento ambientale come fattore di rischio per l'insorgenza del cancro dell'infanzia.

    Intervento del Dott.Ghirga Giovanni all'incontro pubblico tenutosi al Teatro Chiabrera
    di Savona il 23/10/2009.


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12 gennaio 2012

"io ci metto la faccia!" #3 CENTRALI A CARBONE E MERCURIO


Le emissioni di mercurio delle centrali stanno avvelenando il mondo.
Un nuovo studio dimostra che il mercurio emesso nell'atmosfera entra nella catena alimentare.

Uno studio condotto dai ricercatori dell'Università di Washington (UW) e pubblicato il 19 Dicembre sulla rivista scientifica  Nature Geoscience conclude che il mercurio rilasciato dalle industrie della  Ohio River Valley  sta danneggiando il cervello dei bambini di tutto il mondo, in quanto riesce a circolare nella parte più alta dell'atmosfera per “lunghi periodi di tempo” prima di ricadere sulla superficie della terra.
Nell'intervista rilasciata in una conferenza stampa 
(https://www.washington.edu/news/articles/upper-atmosphere-facilitates-changes-that-let-mercury-enter-food-chain) 
il Dr Seth Lyman, autore dello studio afferma che “il mercurio emesso viene depositato anche lontano dalla fonte di produzione, persino dall'altra parte del globo e potrebbe ritrovarsi dietro la porta di chiunque”.
Il mercurio inoltre, raggiunta sia la parte più alta della troposfera che quella più bassa della stratosfera, viene trasformato in mercurio ossidato, che può depositarsi nell'ecosistema acquatico ed entrare nella catena alimentare. L'alta atmosfera agisce infatti come un reattore chimico che rende il mercurio più stabile e in grado di depositarsi negli ecosistemi: il mercurio ossidato rimane ovunque per ore o addirittura mesi  prima di depositarsi sul terreno, dove i batteri provvedono a trasformarlo nel famigerato methyl-mercurio che ritroviamo poi persino nel pesce fresco. Questo metallo pesante è anche una potente neurotossina collegata a molte disabilità dello sviluppo infantile, tra cui autismo, deficit dell'attenzione e iperattività, danni cognitivi e problemi comportamentali. L'esposizione può cominciare in utero ed avere effetti devastanti sulla salute e sulla vita dei bambini.

I risultati di questo studio non tranquillizzano assolutamente le Mamme No al Carbone, anzi le responsabilizzano ancora di più verso tutti i bambini del mondo! Sentiamo dentro di noi il dovere di combattere queste emissioni inquinanti e le loro cause per i nostri figli che vivono e respirano qui, in questo territorio martoriato dall'inquinamento, ma anche per quei bambini cui le centrali a carbone possono far male anche molto lontano da qui

11 gennaio 2012

Seconda foto della campagna "Passeggino rosso", insieme allo studio condotto dal CCCEH.


Spesso chi lotta contro le emissioni delle centrali a carbone, come noi Mamme No al Carbone, si è sentito ripetere che non ci sono studi scientifici in letteratura che comprovano il legame tra centrali e danni alla salute dei bambini. Ci dicono che si tratta di allarmismo o di semplici supposizioni non comprovate. 
Questo semplicemente non è vero e oggi fortunatamente internet, che ci dà libero accesso a PubMed e a tutte le riviste medico-scientifiche ufficiali, ci consente di dimostrarlo.

Per questo abbiamo deciso di affiancare alla nuova campagna “Passeggino Rosso” in cui tanti cittadini ci mettono la faccia ( e anche il cuore!) nel denunciare la grave crisi ambientale a cui è sottoposto il nostro territorio, anche  un elenco di studi, che proporremo via via,  condotti dai migliori ricercatori universitari e pubblicati sui più importanti e rispettati giornali medici, che comprovano quanto sopra affermato e dimostrano, senza ombra di dubbio,  che il carbone nuoce gravemente  alla salute, e in particolare alla salute dei soggetti più vulnerabili, quali bambini, anziani, donne incinta.
E' importante condividere questi studi con i medici che seguono i nostri figli e con ogni persona interessata perchè solo così, facendo informazione e proponendo alternative, possiamo ottenere il rispetto del nostro primario diritto a respirare ARIA PULITA.

 
Già dal 2008 uno studio americano dimostrava una connessione diretta tra vicinanza a centrali a carbone e problemi nello sviluppo cognitivo nei bambini.

Secondo uno studio americano, condotto dal Columbia Center for Children's Environmental Health  la vicinanza a centrali a carbone può avere un impatto negativo sullo sviluppo cognitivo dei bambini e la loro salute.
I ricercatori hanno raccolto e comparato lo sviluppo di due gruppi di bambini nati a  Tongliang, una città cinese: un gruppo era in utero mentre in città era attiva una centrale a carbone, l'altro era in utero dopo che il governo cinese aveva chiuso la centrale.  
Nel primo gruppo di bambini, l'esposizione prenatale alle emissioni della centrale a carbone è stata associata a due anni di età a punteggi significativamente più bassi della media nello sviluppo  cognitivo e ad uno sviluppo motorio decisamente ridotto. Nel secondo gruppo non esposto alle emissioni inquinanti invece, questi effetti avversi non sono stati più riscontrati. Le scoperte di questo studio sono state pubblicate nel numero del 14 Luglio 2008 della rivista scientifica Environmental Health Perspectives.

La Dr.ssa Frederica Perera,  professore di Scienze e Salute Ambientale,  Direttore del Columbia Center, nonché autrice dello studio, ha così commentato: “Questo studio fornisce una effettiva prova  che l'azione del governo di eliminare la fonte inquinante chiudendo la centrale a carbone ha avuto dei benefici sul neuro-sviluppo dei bambini. Queste scoperte hanno grandi implicazioni per la salute ambientale e la politica energetica in quanto dimostrano che la riduzione dalla dipendenza dal carbone per la produzione di energia può avere un considerevole impatto positivo sullo sviluppo dei bambini e sul loro stato di salute”.

Per condurre lo studio, i ricercatori americani del Columbia Center hanno collaborato con medici e scienziati dell'Ospedale Pediatrico dell'Università di Chongqing, con l'Università di Shanghai, e con la Facoltà di Ingegneria e Scienze dell'Università Jiao Tong di Shanghai. I ricercatori hanno seguito due gruppi consecutivi di neonati cinesi per due anni. I bambini di entrambi i gruppi erano di  Tongliang, una città con una centrale a carbone che operava stagionalmente finchè non è stata chiusa dal governo nel Maggio del 2004. Il primo gruppo comprendeva 107 donne i cui bambini nacquero nel 2002, prima della chiusura della centrale, il secondo invece 110 donne i cui bambini nacquero nel 2005, quando la centrale non era più in funzione. 

Dice il Dr Deliang Tang, Professor della clinica Environmental Health Sciences, coautore dello studio:

“Questo è uno studio ambientale praticamente  unico che ha usato tecniche molecolari per dimostrare la relazione tra un ambiente pulito e la salute dei bambini!”

Le centrali a carbone forniscono la maggioranza dell'energia necessaria all'industria cinese, esattamente come accade per gli Stati Uniti. Il governo cinese ha ordinato la chiusura di quelle più vecchie e più inquinanti, proprio come quella di Tongliang.
Questo studio è uno dei quattro condotti parallelamente dal Columbia Center che esaminano gli effetti sulla salute dell'esposizione a inquinanti ambientali di donne incinta e bambini in zone urbane.  Altri studi sono stati condotti a New York City e a Cracovia, in Polonia. Le ricerche hanno tutte dimostrato che l'esposizione a polveri del carbone sono associate a un aumento del rischio di ritardo dello sviluppo tra i bambini e hanno ulteriormente confermato che l'inquinamento dell'aria ha una influenza sulle morte neonatali.