Si va dalla leucemia linfatica cronica al carcinoma della vescica, passando per la bronchite cronica e la dispnea. Sono purtroppo innumerevoli e diversificate le patologie che hanno contratto molte delle persone che hanno lavorato o risieduto nelle campagne ubicate attorno al nastro trasportatore del carbone che collega, lungo un percorso di 13 chilometri, il piazzale di stoccaggio di Costa Morena alla centrale Enel di Cerano. E alcune di queste malattie sono state riportate dettagliatamente nell’esposto che circa 90 famiglie hanno a suo tempo presentato in Procura, favorendo un’articolata indagine (coordinata dai pm Giuseppe De Nozza, Silvia Nastasia e Cristina Fa s a n o ) che l’altro giorno è sfociata nella notifica di 12 avvisi di garanzia, nei confronti di dirigenti Enel e imprenditori locali attivi nel settore della movimentazione del carbone.
Certo le persone finora «avvisate» rispondono «solo» di getto pericoloso di cose (art. 674 cp) e danneggiamento di piante e di viti (art. 635 cp): ipotesi di reato che si riferiscono alla possibilità che i terreni e le piantagioni adiacenti alle aree adibite alla movimentazione del carbone siano state contaminate dallo stesso. E questo spiega anche il coinvolgimento nell’inchiesta di alcuni imprenditori che, in periodi diversi, hanno avuto affidato anche l’appalto per la pulizia del nastro trasportatore del carbone: un’incombenza che dovrebbe servire proprio limitare la dispersione di combustibile dovuta alla movimentazione dello stesso. Ed a tal proposito non è escluso che, nell’ambito dell’inchiesta in atto, alcuni dei dirigenti Enel indagati presentino delle memorie difensive tese proprio a ribadire la consistenza delle risorse aziendali investite nell’affidare la pulizia del nastro a ditte specializzate.
Ma c’è un filone della stessa inchiesta che riguarda l’eventuale nesso tra la presunta contaminazione e le tante patologie contratte. A tal riguardo l’esposto delle 90 famiglie cita i casi del «sig. L. N., sottoposto a visita presso la Divisione di Ematologia del policlinico S. Matteo di Pavia dove gli è stata diagnosticata una Leucemia linfatica cronica A cellule B»; ma poi si cita anche il caso del sig. A. A. cui è stato «diagnosticato un carcinoma prostatico e metastasi polmonari ed uno stato anemico»; e anche «il sig. C. N. (deceduto il 17 luglio 2007) in data 05/01/07 veniva sottoposto a resezione endoscopica di neoplasia della vescica presso la Divisione di Urologia dell’ospedale Perrino di Brindisi, con esame istologico evidenziante un “carcino - ma uroteliale infiltrante ad alto granding della vescica p T 3 AG 3 ”».
Sono solo alcuni dei tanti casi riscontrati fra coloro che risiedono su quei terreni o vi hanno lavorato a lungo come braccianti. E quasi ognuna delle 90 famiglie denucianti ha avuto a che fare con una grave patologia contratta da uno dei propri congiunti. Ciò che inquirenti e investigatori ora stanno cercando di verificare è l’eventuale sussistenza di un nesso tra questa enorme mole di patologie e la possibile contaminazione dei terreni dovuta alla movimentazione del carbone.
Ma c’è un filone della stessa inchiesta che riguarda l’eventuale nesso tra la presunta contaminazione e le tante patologie contratte. A tal riguardo l’esposto delle 90 famiglie cita i casi del «sig. L. N., sottoposto a visita presso la Divisione di Ematologia del policlinico S. Matteo di Pavia dove gli è stata diagnosticata una Leucemia linfatica cronica A cellule B»; ma poi si cita anche il caso del sig. A. A. cui è stato «diagnosticato un carcinoma prostatico e metastasi polmonari ed uno stato anemico»; e anche «il sig. C. N. (deceduto il 17 luglio 2007) in data 05/01/07 veniva sottoposto a resezione endoscopica di neoplasia della vescica presso la Divisione di Urologia dell’ospedale Perrino di Brindisi, con esame istologico evidenziante un “carcino - ma uroteliale infiltrante ad alto granding della vescica p T 3 AG 3 ”».
Sono solo alcuni dei tanti casi riscontrati fra coloro che risiedono su quei terreni o vi hanno lavorato a lungo come braccianti. E quasi ognuna delle 90 famiglie denucianti ha avuto a che fare con una grave patologia contratta da uno dei propri congiunti. Ciò che inquirenti e investigatori ora stanno cercando di verificare è l’eventuale sussistenza di un nesso tra questa enorme mole di patologie e la possibile contaminazione dei terreni dovuta alla movimentazione del carbone.
Antonio Negro La Gazzetta del Mezzogiorno 09 Ottobre 2009
Dirigenti Enel indagati Ai raggi x le cartelle dei braccianti ammalati
Allegata agli atti della duplice inchiesta sfociata in 12 avvisi di garanzia nei confronti di dirigenti Enel e autotrasportatori del carbone ci sarebbe una corposa documentazione relativa alle gravi patologie contratte da persone che risiedono e lavorano nei campi sovrastati dal nastro trasportatore che movimenta il combustibile nero, dal parco di stoccaggio di Costa Morena alla centrale Enel di Cerano.
Una vicenda che alla luce degli sviluppi registrati nelle ultime ore sta inducendo molti brindisini ad una considerazione: fu facile profeta e al tempo stesso amministratore accorto e previdente il sindaco Domenico Mennitti quando, il 28 giugno del 2007, emise l’ordinanza con cui vietò la coltivazione sui terreni ubicati nei pressi del nastro trasportatore del carbone e intimò la distruzione dei prodotti già presenti sulle piante. Una scelta sofferta - che mandò sul lastrico decine di agricoltori che da quei terreni e dai relativi prodotti traevano sostentamento - ma fondata sul rischio che l’uva di quei terreni fosse contaminata dalle polveri di carbone derivanti dalle tonnellate di combustibile, movimentate sia tramite il nastro trasportatore e sia tramite camion. Il primo cittadino, quindi, volle attenersi - in quanto istituzionalmente preposto al ruolo di primo garante della salute pubblica - al principio di precauzione per il quale, in presenza di un ragionevole dubbio sulla insalubrità di una determinata situazione, si procede con ogni mezzo a impedire il perpetuarsi e il diffondersi dei rischi ipotizzati, ancorché solo potenziali. Dunque una precauzione da adottare, almeno finché non si ottengano riscontri certi in merito alla presenza e all’entità di tale rischio pubblico.
Una vicenda che alla luce degli sviluppi registrati nelle ultime ore sta inducendo molti brindisini ad una considerazione: fu facile profeta e al tempo stesso amministratore accorto e previdente il sindaco Domenico Mennitti quando, il 28 giugno del 2007, emise l’ordinanza con cui vietò la coltivazione sui terreni ubicati nei pressi del nastro trasportatore del carbone e intimò la distruzione dei prodotti già presenti sulle piante. Una scelta sofferta - che mandò sul lastrico decine di agricoltori che da quei terreni e dai relativi prodotti traevano sostentamento - ma fondata sul rischio che l’uva di quei terreni fosse contaminata dalle polveri di carbone derivanti dalle tonnellate di combustibile, movimentate sia tramite il nastro trasportatore e sia tramite camion. Il primo cittadino, quindi, volle attenersi - in quanto istituzionalmente preposto al ruolo di primo garante della salute pubblica - al principio di precauzione per il quale, in presenza di un ragionevole dubbio sulla insalubrità di una determinata situazione, si procede con ogni mezzo a impedire il perpetuarsi e il diffondersi dei rischi ipotizzati, ancorché solo potenziali. Dunque una precauzione da adottare, almeno finché non si ottengano riscontri certi in merito alla presenza e all’entità di tale rischio pubblico.
Nel caso specifico, il rischio era quello della contaminazione dei prodotti agricoli dalle polveri provenienti dalla movimentazione del carbone. Un rischio che pare stia trovando riscontro nelle indagini delegate dalla magistratura alla Digos della Questura di Brindisi per quanto attiene ai terreni. Gli stessi magistrati, invece, hanno delegato alla Guardia di Finanza ed ai Carabinieri del Noe (Nucleo operativo ecologico) l’increlalle patologie contratte da chi su quei terreni vive e lavora.
Per ora l’unico dato certo sono i 12 avvisi di garanzia inviati a dirigenti Enel (vecchi e nuovi) ed a chi gestisce il trasporto su gomma del carbone. I reati ipotizzati sono quelli previsti dagli articoli 674 e 635 del codice penale: rispettivamente «getto pericoloso di cose» e «danneggiamento di piante e viti».
La notifica degli avvisi di garanzia sarebbe solo uno dei primi effetti dell’indagini avviata dalla Procura di Brindisi - pm Giuseppe De Nozza, Cristina Fa s a n o e Silvia Nastasia - a seguito di una denuncia a suo tempo presentata da una novantina di famiglie che risiedono e lavorano sui terreni esposti alle polveri derivanti dalla movimentazione del carbone. Agricoltori che trovavano quotidianamente una patina nerastra sui grappoli di uva delle proprie piantagioni e che, ad un certo punto, hanno dovuto fare i conti anche con delle gravi patologie tumorali.
La notifica degli avvisi di garanzia sarebbe solo uno dei primi effetti dell’indagini avviata dalla Procura di Brindisi - pm Giuseppe De Nozza, Cristina Fa s a n o e Silvia Nastasia - a seguito di una denuncia a suo tempo presentata da una novantina di famiglie che risiedono e lavorano sui terreni esposti alle polveri derivanti dalla movimentazione del carbone. Agricoltori che trovavano quotidianamente una patina nerastra sui grappoli di uva delle proprie piantagioni e che, ad un certo punto, hanno dovuto fare i conti anche con delle gravi patologie tumorali.
Antonio Negro La Gazzetta del Mezzogiorno 08 Ottobre 2009
Ecco tutti gli indagati dell’ennesima inchiesta
L’ennesimo ciclone giudiziario sull’Enel e sulla centrale termoelettrica di Cerano vede iscritti nel registro degli indagati: Luciano Mirko Pistillo, Antonino Ascione, Vincenzo Putignano, Calog ero San Filippo, Lorenzo Laricch i a , Giuseppe Varallo, Die - go Baio, Antonino Caprarotta, Vittorio Vagliasindi, San - dro Fontecedro, Aldo Cannone e Luca Screti.
Si tratta di dirigenti Enel che hanno avuto a vario titolo responsabilità connesse alle modalità di movimentazione del carbone, ma anche di imprenditori che gestiscono per conto dell’Enel le quote di carbone da movimentare via terra, attraverso i camion.
Ma non si esclude che nelle prossime settimane possano concretizzarsi ulteriori sviluppi. Va ribadito, naturalmente, che tutte le persone sottoposte a indagine sono da ritenersi non colpevoli fino a sentenza passata in giudicato. Ma va detto anche che l’inchiesta della Procura brindisina è ancora nel vivo e, probabilmente, sarebbe rimasta ancora coperta dal riserbo se non fosse stata la stessa società elettrica, l’altra sera, a rendere nota agli organi di informazione la notifica degli avvisi di garanzia ad alcuni dei propri dirigenti. Difficile immaginare cosa possa aver spinto i vertici Enel a diffondere, unilateralmente, la notizia degli avvisi di garanzia che equivalgono ad un’altra tegola giudiziaria che si abbatte sulla società elettrica: l’ultima era stata quella del maggio scorso, quando ben dieci persone furono arrestate dagli uomini del Corpo forestale dello Stato, nell’ambito dell’opera - zione «Leucopetra». In quel caso, però, l’indagine riguardava un traffico di rifiuti pericolosi prodotti nella centrale Enel di Cerano ed illecitamente smaltiti - secondo l’accusa - in una cava ubicata in provincia di Reggio Calabria.
Si tratta di dirigenti Enel che hanno avuto a vario titolo responsabilità connesse alle modalità di movimentazione del carbone, ma anche di imprenditori che gestiscono per conto dell’Enel le quote di carbone da movimentare via terra, attraverso i camion.
Ma non si esclude che nelle prossime settimane possano concretizzarsi ulteriori sviluppi. Va ribadito, naturalmente, che tutte le persone sottoposte a indagine sono da ritenersi non colpevoli fino a sentenza passata in giudicato. Ma va detto anche che l’inchiesta della Procura brindisina è ancora nel vivo e, probabilmente, sarebbe rimasta ancora coperta dal riserbo se non fosse stata la stessa società elettrica, l’altra sera, a rendere nota agli organi di informazione la notifica degli avvisi di garanzia ad alcuni dei propri dirigenti. Difficile immaginare cosa possa aver spinto i vertici Enel a diffondere, unilateralmente, la notizia degli avvisi di garanzia che equivalgono ad un’altra tegola giudiziaria che si abbatte sulla società elettrica: l’ultima era stata quella del maggio scorso, quando ben dieci persone furono arrestate dagli uomini del Corpo forestale dello Stato, nell’ambito dell’opera - zione «Leucopetra». In quel caso, però, l’indagine riguardava un traffico di rifiuti pericolosi prodotti nella centrale Enel di Cerano ed illecitamente smaltiti - secondo l’accusa - in una cava ubicata in provincia di Reggio Calabria.
[a. neg]
La Gazzetta del Mezzogiorno 08 Ottobre 2009
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