Con sentenza depositata il 18.06. u.s., il Tar Lecce ha accolto il ricorso promosso dall’Enel Produzione SpA avverso l’ordinanza con cui, a far data dal 2007, era stata inibita la coltivazione sulle aree a ridosso della centrale elettrica di Brindisi sud, per le quali era stata dichiarata la necessità di una bonifica ambientale.
La decisione del Tar è stata assunta sulla base di una motivazione oggettivamente assai discutibile e che suscita serie perplessità.
Non sembra, infatti, che Giudice abbia voluto tener conto del generalissimo “principio di precauzione” che, ormai da anni, ispira tutta la normazione comunitaria in tema di salvaguardia e di tutela della salute pubblica e dell’ambiente.
Principio questo cui è invece ispirata l’ordinanza sindacale, che è stata appunto adottata sul presupposto - emerso dalla Conferenza dei servizi svoltasi presso il Ministero dell’Ambiente - che i prodotti agricoli, proprio perché coltivati sulle aree interessate dalla presenza di agenti chimici nocivi per l’uomo, potessero costituire fonte di pericolo per la comunità brindisina.
Evidentemente, in ambito giudiziale, per ragioni difficilmente interpretabili, la mera forma prevale sulla sostanza, giacché al Tar è bastato rilevare che lo stato di contaminazione fosse stato paventato “in termini puramente astratti e possibilistici” per decidere di annullare l’ordinanza sindacale.
Fortunatamente però, fuori dall’ambito giudiziale, sono altri i valori che ispirano i comportamenti di chi è chiamato ad amministrare e, soprattutto, a salvaguardare gli interessi di un’intera collettività. E questo si è rilevato un bene. Difatti, i definitivi accertamenti, svolti dall’Università del Salento congiuntamente dell’ARPA Puglia, intervenuti nel corso del giudizio innanzi al Tar, hanno inequivocabilmente acclarato che anche i prodotti agricoli, al pari dei terreni su cui erano stati coltivati, erano (e sono) contaminati da arsenico.
Perciò, ogni qual volta che sarà solo adombrato un rischio per i beni primari dei cittadini, sia pure “in termini puramente astratti e possibilistici”, è certo che da parte del Sindaco seguiranno, sempre e comunque, tutti i provvedimenti necessari, e che la legge consente, per scongiurare il pericolo.
Starà poi al Giudice assumersi, di volta in volta, la responsabilità di rimuovere, anche per mere ragioni di lana caprina, tali provvedimenti.
Così come è avvenuto nella presente vicenda nella quale, curiosamente, a dolersi dell’ordinanza del Sindaco non sono stati i coltivatori diretti interessati (probabilmente già ben consapevoli dello stato di contaminazione dei loro prodotti), bensì solo l’Enel che, peraltro, nell’ordinanza non era neanche menzionata.
Ovviamente, per tutti sarebbe stato auspicabile che la nocività dei prodotti agricoli – temuta poiché coltivati sulle aree contaminate – fosse stata poi definitivamente esclusa dagli accertamenti svolti dalle Autorità competenti.
Ma è altrettanto innegabile che, per normali canoni di prudenza e di ragionevolezza, è stato preferibile evitare che, nel frattempo, i prodotti provenienti da tali aree potessero entrare nel ciclo alimentare.
Inutile poi sottolineare che, in generale, vi sarà sempre da parte del Sindaco la disponibilità a ritirare – in modo del tutto autonomo e senza alcuna forzatura eventualmente riveniente da opinabili decisioni giudiziarie – i propri provvedimenti, e ciò nell’ipotesi in cui dovessero effettivamente venir meno le contigibili ragioni che li avranno propiziati.
Tuttavia, nella presente vicenda, al Comune di Brindisi è pervenuta notizia certa e definitiva che prodotti agricoli coltivati sulle aree predette non sono destinabili all’uso alimentare.
Bisognerebbe, quindi, chiedersi quali sarebbero state le conseguenze per la collettività se non fosse stata adottata l’ordinanza che il Tar ha ritenuto di qualificare come “sproporzionata” e che, alquanto superficialmente, ha deciso di annullare.
Sta di fatto che il Comune procederà per la strada intrapresa e, assieme agli altri enti di controllo, si farà promotore di ogni iniziativa tesa ad individuare i responsabili dell’inquinamento cui richiedere il risarcimento per il danno ambientale subito dal territorio.
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