La tragedia che ci sta colpendo oggi, il disseccamento degli ulivi, non è
una calamità calata dal cielo, ed è anche scorretto definirla "emergenza". Oggi
raccogliamo quanto seminato, un dramma che ha radici oramai profonde. Il seme
del dramma che oggi i nostri ulivi stanno affrontando, è l’ovvia conseguenza
delle scellerate ed immorali scelte che hanno snaturato le nostre vocazioni ed
hanno mutato il nostro naturale destino. Parliamo di quelle scelte che sin
dagli anni sessanta hanno voluto inocularci la convinzione che la nostra
splendida terra fosse a "vocazione industriale". Un piano iniziato con la
costruzione di un polo chimico, che già allora, desertifico ed inizio ad
avvelenare un paradiso nel quale carciofeti ed ogni ben di Dio si estendevano a
perdita d’occhio. Un piano criminale che negl’anni si è rafforzato ed è andato
avanti con la costruzione di quel mostro di proprietà dell’Enel, che non solo
ha portato avanti l’avvelenamento delle nostre vite, ma ha alzato ancora di più
l’asticella, trovando terreno fertile nella nostra indifferenza. Quella stessa
centrale, che si è macchiata di uno dei delitti più orribili, privare
dell’acqua una delle zone più belle del nostro territorio, distruggendo decine
di aziende agricole, bruciando centinaia di posti di lavoro ed umiliando decine
di famiglie che ancora oggi vivono senza poter usufruire del bene più prezioso.
Basta guardare il Rapporto di Valutazione del Danno Sanitario ed osservare le
mappe, relative al solo 2010, in cui sono visibili le aree di concentrazione di
mercurio, benzoapirene, arsenico, piombo, naftalene, berilio, cadmio, cobalto,
cromo, nichel, vanadio, manganese, selenio e veleni di cui non conoscevo
nemmeno l’esistenza; e notare come la cartografia sembri proprio ridisegnare i
focolai in cui si è presentato il disseccamento.
Ancora oggi, al netto delle
dichiarazioni del nostro governatore Emiliano, un ex magistrato, che oggi e non
da oggi, ha deciso da quale parte stare, ha deciso di servire i potenti e non
la gente. Anche lui forte con i deboli e debole con i forti. Come dicevo oggi,
con cadenza inquietante vogliono finire quest’opera di distruzione identitaria
con la costruzione di un gasdotto di cui non abbiamo bisogno, che continuerà ad
arricchire chi delle nostre vite non gliene frega nulla e il cui tracciato
guarda caso passa proprio lungo i focolai. Continuano a farsi beffa di noi,
continuano a trattarci come se avessimo l’anello al naso....continuano a
vincere loro, perché tutto quello che vi abbiamo appena raccontato non ha solo
inquinato l’aria che respiriamo, le terre che coltiviamo ma cosa forse ancor
più grave ha inquinato le nostre coscienza generando disgregazione sociale e
assenza di comunità.
Allora da persone serie, questi momenti servono anche per
la riflessione, servono a guardarci negli occhi e avere il coraggio anche di
fare autocritica. Perché se è vero tutto quello che abbiamo detto fin qui, se è
vero che le istituzioni non ci rappresentano e nel nostro territorio lo Stato
si palesa in una veste criminale, è anche vero che da decenni anche noi siamo
colpevoli, del progressivo abbandono delle campagne pensando troppo spesso solo
alle integrazioni abusando di pesticidi e diserbanti, partecipando
all’avvelenamento delle nostre campagne, dimenticando le buone e sane pratiche
dei nostri nonni, in sintesi dissociandosi dall’inscindibile e naturale
connubio tra uomo e natura e nel nostro piccolo, quasi inconsapevolmente
facendo lo stesso gioco di quelle multinazionali che ci stanno uccidendo.
Allora che questa “emergenza” diventi la rinascita di una comunità, magari
questo disseccamento è l’ultimo grido d’aiuto che i nostri ulivi, le nostre
radici stanno lanciando. Se vinceranno anche questa volta non avremo più
speranze. Allora quando lo Stato smette di essere giusto con i suoi figli, quando
le istituzioni sono sorde e cieche, vuol dire che è il momento di far sentire
la nostra voce, forte e decisa, non permetteremo più che si abusi della nostra
terra. Il piano Silletti è immorale e vergognoso, così come i burocrati in
giacca e cravatta dell’unione europea che mai conosceranno e capiranno
l’orgoglio di appartenere a questi luoghi. Sabotare l’eradicazione non è più
una scelta ma un dovere morale, perché quando la propria terra è in vendita
ribellarsi è la cosa più normale.
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