Incontro molto
interessante e partecipato quello del 19 maggio scorso, nella sede del comitato
No al Carbone in Via A. Cuggiò a Brindisi, organizzato per una prima analisi e
confronto sulla proposta A2A di riconversione della vecchia centrale Brindisi
Nord con una nuova produzione industriale, un impianto di compostaggio
anaerobico da 70.000 tonn/anno insieme ad un impianto di solare termodinamico e
pale eoliche. Sono infatti molti i dubbi che emergono dal progetto presentato
per una centrale ormai inattiva dal 2013 e per la quale, come per ogni impianto
che abbia esaurito il suo ciclo produttivo, si prevedeva la dismissione e la
bonifica del luogo.
I relatori intervenuti:
l’architetto Geni Mancarella già componente del gruppo progettazione PUG
Brindisi, Roberto Paladini Presidente Cooperativa InnovAction, Angelo Consoli Presidente
del CETRI-TIRES e Alessandro Cannavale ricercatore e blogger de Ilfattoquotidiano.
Tutti gli interventi hanno arricchito i presenti per la condivisione di
informazioni tecniche, prospettive e descrizione dettagliate di realtà già consolidate,
a dimostrazione che uno sviluppo ed una gestione innovativa dei rifiuti, dell'energia
e del territorio sono non solo possibili, ma necessarie per un armonioso
rapporto tra vivibilità, economia sana, rispetto della salute e dell'ambiente
ed notevoli opportunità occupazionali.
Geni Mancarella ha focalizzato
l’attenzione sulla destinazione (l’ultima ascrivibile ad un atto ufficiale)
dell’area portuale attualmente occupata dall’ex centrale Brindisi Nord. Per quest’area
infatti, già nel 2011, era prevista dall’allora amministrazione comunale
Mennitti, una diversa destinazione rispetto al vecchio PUG (datato 1975) che
prevedesse attività di retroportualità, quelle collegate agli scambi
commerciali e passeggeri sul porto. Il tutto finalizzato a ricucire il rapporto
tra la città e il suo mare e rinnovare il patto che tra essi esiste, considerando
anche la storia e l’economia da sempre legata al porto e che hanno reso
importante Brindisi nei vari periodi storici.
Roberto Paladini ha
esposto nei dettagli l’esperienza del compostaggio di comunità realizzato nel
Comune di Melpignano. Un impianto innovativo ed ecosostenibile in quanto utilizza
il sistema aerobico abbinato alla lombricoltura. Questa soluzione al problema
dello smaltimento dei rifiuti organici ha prodotto vantaggi economici per
l’amministrazione e per i cittadini. Un ottimo compost viene utilizzato per il
verde pubblico e per gli stessi cittadini che conferiscono, ma può creare
ulteriori vantaggi economici con la vendita del compost stesso. L’affidamento
della gestione e della raccolta dell’umido ha generato inoltre posti di lavoro.
Tutti elementi che portano benefici alla comunità locale.
Angelo Consoli ha
descritto come la Terza Rivoluzione Industriale parta da concetti completamente
differenti rispetto ai quali ci hanno finora abituato. Qualsiasi impianto di
grosse dimensioni non è più attuale, come già ribadito a livello europeo dal
2007. Qui si continua invece a fare del rifiuto un business per pochi, approfittando
delle situazioni di necessità di smaltimento delle singole amministrazioni,
creando grossi impianti per profitti privati. Seguendo i principi dell’Economia
circolare il “rifiuto” non è più un problema ma una risorsa, in quanto prima di
divenire “rifiuto” ogni oggetto può essere riusato, poi riciclato e solo in
ultima ipotesi trasformarsi in rifiuto. Gli esempi illustrati sono di Paesi in
cui con le banche del riuso ogni cittadino può conferire un qualsiasi oggetto
che può ritornare ad essere utile per altri. Ciò con gli ovvi vantaggi
economici per la collettività, per la riduzione dei rifiuti e, anche in questo
caso creando un sistema virtuoso che genera anche posti di lavoro.
Alessandro Cannavale ha
illustrato le enormi potenzialità dell'energia distribuita, delle smart grid e
delle nuove tecnologie per la produzione ed autoconsumo di energia, nonché di
quelle relative al risparmio energetico come ad esempio i materiali cromogenici
e smart windows per arrivare alle case “Zero Energy”. Tutto ciò è già fattibile
con il know-how che possiede oggi la Puglia. Questo a conferma di quanto i mega
impianti rappresentino già il passato, sia in termini di produzione, sia per le
grandi dispersioni in rete.
Dopo gli interventi c'è stato un bel
confronto con singoli cittadini, rappresentanti di associazioni ed alcuni
consiglieri comunali e regionali.
Nonostante si tratti di un progetto
descritto in poche pagine, intendiamo esprimere in sintesi le motivazioni per
cui riteniamo che si debba respingere la proposta A2A:
In una zona in cui studi scientifici inerenti le emissioni dei tre impianti termoelettrici in termini di PM10 evidenziano un eccesso di sostanze che provoca da 4 a 44 morti l’anno, come si può pensare ad un aumento così importante di traffico stradale per il trasporto della frazione organica da tutta la provincia ed oltre?
La bozza di progetto introduce la possibilità di reimmettere in rete il biogas prodotto. Per poter essere immesso in rete il biogas deve subire trattamenti di desolforazione, deumidificazione, eliminazione dei composti organici volatili e delle polveri, rimozione dell'anidride carbonica. Questo processo avviene con l'ausilio di sostanze chimiche, produce rifiuti tossici che necessitano di discariche speciali e residui di acque derivanti dal trattamento che risulteranno anch'esse contaminate. Così come esiste la possibilità che lo stesso non sia accettato dal gestore della rete gas perché non adeguatamente puro. Inoltre parte di questo gas andrebbe a supportare con la sua combustione il solare termo-dinamico, quindi nuove emissioni in atmosfera a poche centinaia di metri dalla città.
A2A parla di COMPOST prodotto di ottima qualità. Questo processo
anaerobico non produce compost ma un DIGESTATO che è a tutti gli effetti un rifiuto.
La digestione anaerobica produce percolato, codice CER 19.06.05, che in parte
viene riciclato sulla massa in digestione aumentando così il contenuto di
sodio, cloruri, ferro, metalli pesanti nel prodotto finale.In una zona in cui studi scientifici inerenti le emissioni dei tre impianti termoelettrici in termini di PM10 evidenziano un eccesso di sostanze che provoca da 4 a 44 morti l’anno, come si può pensare ad un aumento così importante di traffico stradale per il trasporto della frazione organica da tutta la provincia ed oltre?
La bozza di progetto introduce la possibilità di reimmettere in rete il biogas prodotto. Per poter essere immesso in rete il biogas deve subire trattamenti di desolforazione, deumidificazione, eliminazione dei composti organici volatili e delle polveri, rimozione dell'anidride carbonica. Questo processo avviene con l'ausilio di sostanze chimiche, produce rifiuti tossici che necessitano di discariche speciali e residui di acque derivanti dal trattamento che risulteranno anch'esse contaminate. Così come esiste la possibilità che lo stesso non sia accettato dal gestore della rete gas perché non adeguatamente puro. Inoltre parte di questo gas andrebbe a supportare con la sua combustione il solare termo-dinamico, quindi nuove emissioni in atmosfera a poche centinaia di metri dalla città.
In un'area ad alto rischio di incidente rilevante un impianto del genere rappresenta un ulteriore pericolo per la comunità. In Italia tra il 2013 e il 2014 si contano più di 10 incidenti nei soli digestori anaerobici, con esplosioni o sversamenti di digestato nelle aree circostanti, nei fiumi o nel mare.
Infine, come abbiamo più volte ribadito, l'area in questione dovrebbe prima di tutto essere bonificata con la relativa dismissione di tutti i gruppi, e poi restituita alla sua naturale funzione, che è quella portuale. Una maniera questa per raggiungere tre obiettivi, ovvero un recupero ambientale, un armonico sviluppo portuale con il riutilizzo degli attracchi esistenti con funzioni commerciali che eviterebbe la cementificazione della spiaggia di Santa Apollinare e l'eliminazione di un forte impatto paesaggistico dovuto alla imponente presenza della vecchia centrale (oggi visibile da ogni angolo della città che guarda il mare).
Accanto a tutti questi
dubbi ricordiamo come questi mega impianti siano ad alto tasso di capitali
investiti e basso tasso occupazionale, oltre al grave impatto generato sul
territorio. Tutto questo Brindisi non se lo può più permettere. Più volte
abbiamo visto soluzioni calate dall'alto che hanno prodotto troppi danni a
questo territorio. Più volte abbiamo visto vocazioni del nostro territorio
violate da altri che non lo vivono, dal polo petrolchimico al polo energetico
con il carbone e ora porto hub dei rifiuti. NO, è ora di voltare pagina.
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