3 maggio 2014

CODARDI. di Andrea Martina

foto: Citt. e Lavor. Liberi e Pensanti
Era l’una di notte e stavo sfilando le mie scarpe piene di fango.
Leggendo questo inizio qualcuno potrebbe pensare che  sia il racconto di un contadino, un lavoratore delle campagne che non abbandona la propria terra neanche quando la pioggia sta vincendo.
Questa volta è diverso, in queste righe la scarpa di fango diventa il simbolo della musica, di una terra.
Il primo maggio tarantino è stato, forse, il miglior concerto pugliese della storia per partecipazione, qualità, numeri e voglia. Questo lo scrivo ora, a 48 ore dalla manifestazione, e non mentre sfilavo quelle scarpe. In quel momento era difficile rendersi conto di tutto quello che era successo.


Dalla tv sento un giornalista di un canale all-news: “prime polemiche dopo l’intervento di Piero Pelù dal palco di Piazza San Giovanni”. Ovviamente si parla di Roma, un altro concerto, quello tradizionale.
Dopo una doccia ascolto per intero l’intervento del leader dei Litfiba: “il non eletto, ovvero il boy scout di Licio Gelli, deve capire che in Italia c’è un grande nemico (…) è la corruzione, la disoccupazione, il voto di scambio, la ‘Ndrangheta, la Camorra. La nostra è una guerra interna, il nemico è dentro di noi. (…) Le spese militari per gli F-35 rubano i soldi alla scuola e agli ospedali”.
 
E’ successo un casino.

Premesso che ogni persona di buon senso farebbe come minimo un applauso sentendo queste dichiarazioni, il leader dei Litfiba è stato massacrato dal mondo politico che, consapevole di avere una chilometrica coda di paglia, ha iniziato a gettare fango a quintali (quello ignobile, non quello della terra).
Memorabile Alessandra Moretti (PD): “i cantanti devono fare i cantanti”. La fiera delle etichette, quindi dobbiamo essere tutti buoni e zitti perché non siamo politici? Una testa pensante da troppo fastidio per voi? Il diritto di critica possiamo buttarlo nel cesso?
La verità è che un artista, per definirsi tale, ha il dovere morale di impegnarsi per la propria terra e per la propria gente, altrimenti è solo un commerciante di se stesso.
 
La musica, poi, è sempre stata forma di ribellione contro il potere e megafono per chi non dispone di lobby, giornali di partito, multinazionali, tv, fiumi di denaro dalla dubbia provenienza e l’elenco potrebbe trasformarsi in un’enciclopedia.
Ma la situazione è un po’ più complicata. Piero Pelù era solo su quel palco ed è stato massacrato come si deve dai tromboni di partito e credo che in questo momento stia godendo nel veder piagnucolare gente abituata ai salotti tv e perennemente lontana dalla piazza, dalla strada.
 
E Taranto?
Michele Riondino apre il concerto maledicendo la classe politica che ha lasciato la città sola al suo destino, ricattata da una famiglia che inquina e uccide a norma di legge. Gli artisti che salgono sul palco non si risparmiano, fanno i nomi.
L’inadeguatezza di Nichi Vendola, il servilismo dei sindacati, un’amministrazione comunale lontana dalla sua gente, una Chiesa lontana dagli ultimi, una politica nazionale che si volta dall’altra parte consapevole di essere finanziata bipartisan dalla famiglia Riva. Sono stati fatti i nomi e i cognomi, sono state lanciate le accuse e tutto è caduto nel vuoto.
Non ho sentito nessun politico condannare le dichiarazioni fatte dal palco di Taranto, nessuno ha preso le distanze da accuse che ha ricevuto. Perché?
Perché siete consapevoli di aver fallito, di essere nel torto e di aver lasciato una terra abbandonata al suo destino. Il vostro finto coraggio contro un cantante è servito a nascondere la codardia che vi sale in gola ogni volta che si parla di Taranto, di Brindisi, della ValSusa e di tutte le periferie da voi abbandonate o spolpate.
 
Quel prato pieno di fango ballava all’unisono, per oltre dieci ore. Il ritmo era scandito dalla musica, la passione dalla voglia di riscatto. Una voglia che è passata da Taranto e speriamo raggiunga Brindisi. Insieme.
Caro Piero, il prossimo anno vieni a Taranto e non sarai sicuramente solo.

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