Nelle diverse epoche
della sua storia millenaria Brindisi ha attraversato fasi di prosperità e fasi
buie. Oggi la nostra città vive uno dei periodi peggiori, nel quale i cittadini
pagano scelte imposte che invece di assecondare le vocazioni di un
territorio hanno generato piuttosto l’effetto di cancellarle.
Ma l’era dei grandi
poli industriali sta terminando. Non lo diciamo noi, lo dicono i fatti, lo dice
l’Europa ed altri Paesi del mondo che da tempo hanno preso l’impegno di
abbattere le emissioni clima-alteranti ed investono nella
riconversione in senso verde le proprie economie. Ogni impianto industriale ha
un suo ciclo di vita che dalla nascita arriva - attraverso la crescita e la
maturità - al declino. Molti degli impianti industriali a Brindisi, ormai
obsoleti, a rischio di incidente rilevante e altamente inquinanti, sono giunti
alla fase di declino.
Noi intravediamo un
cambiamento in atto, o almeno riteniamo che
oggi ci siano oggi le condizioni per forzare il cambiamento e programmare uno
sviluppo differente che garantisca rinascita economica e in generale ci porti
verso una migliore qualità della vita.
Quando ad una
Comunità viene imposto come unico modello economico possibile quello
industriale (e parliamo dell’industria “cattiva”), presentato come se non ci
fosse alternativa, inevitabilmente viene condizionato anche il contesto sociale
e culturale di una città, con i risultati, dopo anni di impero industriale, che sono sotto gli occhi di tutti:
disoccupazione alle stelle, emigrazione, inquinamento, impoverimento delle
risorse naturali, culturali ed umane.
Brindisi, città
ricca di potenzialità che provengono dalla storia e dall’arte, dal mare e dalla
terra fertile,
è rimasta intrappolata per troppo tempo in una falsa vocazione industriale che
ci ha portato al declino. Una città dove le realtà virtuose, se pur esistenti,
rimangono casi rari di buona economia ed altre fanno fatica a svilupparsi. I singoli
cittadini devono sentire l’urgenza di cambiare rotta senza più tollerare una
gestione della cosa pubblica che vede prevalere gli interessi personali e
quelli delle multinazionali invece che la tutela della collettività.
La visione
potrebbe apparire utopistica, ma non ha comunque alternative. Sulle macerie di
questa città, riaffermando prima di tutto il concetto di legalità, si deve
cogliere l’opportunità di un cambiamento che solo una riconversione può
offrire. Un progetto ambizioso, da realizzare attraverso una fase di
transizione che proietti Brindisi verso un futuro diverso, con l’affermazione
di nuovi modelli che vanno ad incidere anche sul nostro quotidiano, basati sui
concetti di autoproduzione, efficienza energetica, modello distribuito, rifiuti
zero, mobilità sostenibile, orti comuni. Ci sono tanti esempi da seguire, non
lo abbiamo inventato noi, basta guardare altre realtà, città di dimensioni
simili alla nostra che stanno riuscendo in questo intento.
La transizione in
fondo è il periodo che segna il passaggio da un’epoca ad un’altra, durante il
quale si sviluppano nuove forme sociali e di costume, nuove produzioni
culturali, artistiche ed economiche. Ma per innescarla è necessario
diventare cittadini consapevoli e riprendersi la città dopo una
riconversione mentale obbligatoria.
Buon cambiamento a tutti... verso un futuro sostenibile.
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