14 dicembre 2018

PRESENTATO NUOVO ESPOSTO IN PROCURA. PUNTA DELLE TERRARE / SANTA APOLLINARE SONO LUOGHI DA TUTELARE



Pochi giorni fa abbiamo presentato in Procura un nuovo esposto a sostegno ed integrazione di quello depositato il 7 gennaio 2016 dopo la sospensione dei lavori della Security avviati dall’Autorità Portuale disposta dalla Soprintendenza.
Le opere in questione, infatti, ricadono in aree “paesaggisticamente” vincolate per legge (ai sensi dell’art.142 comma 1 lettera a) e c) D.Lgs N.42/2004), pertanto “i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico tutelati dalla legge, non possono distruggerli né modificarli”.


Ma cerchiamo di riprendere il filo del discorso.
Il 28 luglio 2018 a seguito del sequestro dell’area di Punta delle Terrare/S. Apollinare e di richiesta di dissequestro da parte di Patroni Griffi, abbiamo scritto un comunicato stampa denunciando l’arroganza dell’Autorità Portuale chiedendo contestualmente al Sindaco l’apertura di un tavolo affinchè si potesse delineare la revoca di quel progetto e definire la restituzione di quell’area alla città.

Cosa è accaduto nel frattempo?

Il sequestro viene revocato dal Tribunale del riesame dopo qualche settimana ritenendo che non vi fossero i necessari elementi per tale atto. Passano due mesi, e il 30 ottobre proprio durante il tanto atteso (almeno da parte nostra) incontro con il Sindaco, a cui chiedevamo sostegno alla nostra proposta ma senza ricevere particolare interesse, viene diffusa dalla stampa la bocciatura da parte del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche dell’intero piano di security realizzato dall’Autorità Portuale in quanto non conforme dal punto di vista urbanistico. Il tutto viene messo sotto sequestro.

 
Ed eccoci ai giorni nostri. il nuovo sequestro, non solo dell’area di punta delle Terrare e Sant’Apollinare, ma anche del muro, dei varchi dell’intera security, mettono finalmente in discussione gli ultimi tre anni di opere sul porto eseguite, da quanto emerge, in difformità del piano regolatore portuale ed in violazione di vincoli idrogeologici, paesaggistici, archeologici ed urbanistici. C’è di tutto, quindi.

E se già tale spregiudicata gestione ed utilizzo di aree pubbliche, per di più vincolate, da parte di un ente pubblico induce allo sdegno i semplici cittadini (soggetti invece a controlli e sanzioni per ogni infrazione o inosservanza delle regole), la rabbia è inevitabile quando a ciò si unisce lo spreco di denaro pubblico utilizzato per opere che oltre ad essere irregolari stanno distruggendo una delle zone più care ai brindisini con la storica spiaggia di S. Apollinare, Villa Skirmunt e l’area archeologica di Punta delle Terrare (primo insediamento abitato dell’età del bronzo).


Ci è sembrato assurdo ed offensivo leggere le dichiarazioni di Ugo Patroni Griffi che minimizzavano quanto avvenuto, affermando che si tratta solo di “carte”. Un’intera porzione di porto completamente recintato, una zona di valore archeologico, paesaggistico ed affettivo totalmente preclusa ai brindisini ed ai turisti. Ed è assurdo ed offensivo che si continui a considerare indispensabili opere progettate decine di anni fa per adeguamenti e nuovi accosti basati su ipotesi di aumento di traffico navale non supportate da alcuno studio realistico. Tanto più se si considera che attualmente esistono già ampi spazi portuali non utilizzati e quelli che a breve verranno liberati dalle navi carboniere con la fine dell’uso del carbone nella centrale di Cerano.

Ora che siamo arrivati a questo punto la POLITICA deve avere il coraggio di affrontare la questione e tener conto di un contesto denunciato nel tempo dai cittadini e su cui la magistratura sta facendo luce.

Oggi il quadro è chiaro: una Autorità Portuale che dispone del porto di Brindisi come fosse completamente avulso dalla città. Quindi prima il petrolio, poi il carbone, il gas, la spazzatura. Scelte fossili e industrialiste che oltre ad avere i tragici effetti sulla salute e l’ambiente, hanno asservito anche il nostro storico porto naturale unico al mondo e tra i più antichi del mediterraneo, immaginato solo come infrastruttura funzionale a scopi mai legati alla città. E anche quando si vogliono spacciare alcune scelte come necessarie allo sviluppo turistico, non si fa altro che alimentare lo stesso inganno.

Una città e un porto così svilito da decenni di presenza industriale, di gasiere e carboniere non può che rimanere un mero transito e ormeggio con destinazione dei turisti verso le limitrofe località turistiche. Quindi si liberino gli attracchi dal carbone e dal gas senza sacrificare altri spazi di valore con la logica della cementificazione selvaggia, si utilizzino i moli carboniferi, avviando da subito i lavori per adeguarli al traffico passeggeri, si liberi la città dalle catene di un industrialismo che tanto poco ha dato e tantissimo ha tolto e continua a togliere al suo sviluppo armonioso. Solo così si svelerà la bellezza di questo territorio, solo così avrà senso parlare di turismo e di accoglienza. Diversamente saremo ancora di fronte ad una classe politica che inganna e poi condanna, anche solo col proprio silenzio e disinteresse.


Ad enti pubblici che dovrebbero coordinarsi per tutelare e valorizzare i beni comuni ma che invece guardano solo ai propri singoli obiettivi, alle premialità da dividere, ai fondi da ottenere e spendere a tutti i costi, poco importa se quelle opere restano inutilizzate, o se è stato sprecato ulteriore denaro pubblico che poteva essere destinato ad altro.

Sono anni che, nel rispetto dei vari ruoli istituzionali, abbiamo portato la voce di tanti brindisini nelle sedi istituzionali (Comune, Provincia, Regione), abbiamo spiegato tutti i motivi della nostra contrarietà alle opere in fase di avvio e ancor più a quelle relative al progetto dei nuovi accosti che distruggerebbero definitivamente quei luoghi. Nonostante la dichiarata condivisione delle nostre rimostranze nessun atto formale è stato posto in essere.
Ma noi andiamo avanti!


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