29 agosto 2011

Brindisi: ecco come l’ENI seppellisce i suoi vel-ENI.

Dopo le prime puntate  a tema dedicate  all’Enichem  di  Venezia-Porto Marghera, all’Acna  Chimica  Organica di  Cengio, al  petrolchimico ENI di  Priolo  Gargallo, era  impossibile  non fare  una  capatina  anche  Brindisi e  non soffermarsi  un  attimo a  riflettere  sulle  devastazioni  ambientali  operate  dall’ENI  in una bella  regione  come  la Puglia, territorio a spiccata  vocazione  turistica, dove pare abbia avuto  luogo uno degli scempi  ambientali  più  gravi  della  nostra storia.        

A  Brindisi  ritroviamo  una vecchia  conoscenza, un  manager  storico  dell’ENI, il Dott.  Andrea Mattiussi già  amm.  Delegato  della  Montedipe - società confluita da Enimont all’Enichem del Gruppo ENI - pluriindagato per  vari reati  quali  strage colposa, disastro ambientale, lesioni  gravi e condannato anche per  l’inquinamento  ed avvelenamento a  Mantova del  fiume  Mincio
Una  parentesi: data la  rilevanza delle  tematiche,  dedicheremo quanto prima  anche  un  articolo  a  Mantova  (essendo  dotati di  grande  fantasia  possiamo  già  anticiparvi  il  titolo: “MANTOVA: Ecco  come l’ENI  seppellisce  i   suoi  vel-ENI”).  Mattiussi dopo  turbolenti trascorsi  giudiziari,  passerà  poi  alla  Snia.
In una  Nota  riservata  di  Enichem Anic-Montepolimeri  indirizzata proprio  al  ns. benemerito Dr. Mattiussi,  in  riferimento  al  sito  industriale  di  Brindisi,  s’esplica quanto  segue:
“… la  problematica  dei  residui   mercuriosi sempre  presente  in  Fabbrica andò acuendosi in  modo  rilevante  negli  anni 1976-77 per  la  produzione  di  grossi  volumi di  fanghi  nell’impianto di  trattamento  acque  mercuriose… dopo  la  fermata  del  cloro soda i  vari  residui  mercuriosi (fanghi, terre, materiali  vari inquinati)  presenti  in  Stabilimento rimasero  staccati in  attesa  di soluzioni  sempre  ventilate e  mai  concretizzate che  si  rivelavano  sempre ipotetiche ed  aleatorie. Si  andava  invece  nel  frattempo   aggravando la  situazione dello  stoccaggio,  creando  reali  pericoli  di  inquinamento,  sia  per  il progressivo  deterioramento dei  contenitori  dei  residui solidi sia per  il  rischio  di  trabocco dei  fanghi siti  sotto il  P.28 nel  collettore  di  scarico  a  mare, a  seguito  di  aumento del  livello  per forti  pioggie. Detto  rischio in  qualche  occasione si  è  concretizzato… Relativamente  ai  rifiuti  mercuriosi il  cesimento  indica: n. 740  fusti di  fanghi  inspessiti, 320  fusti di  terra  e  residui vari  inquinati, 100  fusti  di  grafite, 400  mc.  circa  di fanghi  residui parzialmente  inspessiti. Il  tutto  è  stato  coperto  con  scarto  di  cava per  uno  spessore  di  circa  30  cm. Pressato  e livellato… su  di  esso  è  stato  effettuato  uno  stendimento  di sabbia  di  frantoio  rullato con  ottenimento  di  un  piano di  calpestio camminabile… Non  si  è  ritenuto  opportuno né  necessario  denunciare ad  autorità  la  realizzazione dell’opera sia  in  relazione alla  situazione  locale  sia in  considerazione che  non  è  stato  fatto  uno  scarico  sul  terreno che  rientrava  quindi nei  disposti  della legge …”.
Come  potete  ben  riscontrare anche  a  Brindisi (come del resto in  tutti  gli  altri siti  dell’ENI)   la  produzione  di  vel-ENI micidiali è arrivata   a  toccare  livelli da  incubo.  Tanto che  a Brindisi cominciò  a porsi  il  problema  di  come  eliminare  questa imponente  mole di  rifiuti  tossico-nocivi. Anche  nel  caso  specifico venne  in  provvidenziale aiuto la  proverbiale  ed italica  fantasia. Rispetto  al  modello  adottato in  altri  siti  però (interramento  diretto  dei  rifiuti da  parte degli  uomini  ENI) nel contesto  brindisino  si  pensò  bene  d’adottare  una  variante inedita. 
Per  una  “bonavota” l’Eni decise di  non  sporcarsi  direttamente le  mani.  Meglio far  fare  ad  altri il  “lavoro sporco”.  Entrò  così  in  scena un  eclettico personaggio,  dotato  di bacchetta  magica, che rivelò  all’ENI  come  far  sparire  1 milione  di  metri  cubi  di  fanghi  mercuriali.  Il  nostro machiavellico   Geom. Giuseppe Bonavota da  Briatico,  classe 1927  (questo  il  nome  dell’eclettico mago  Zurlì  dei rifiuti) con le  sue  magie riuscì persino di surclassare l’Eni.  
Far  “sparire”  i  vel-ENI anziché   “seppellire” i  vel-ENI è  certamente un’idea  innovativa.  Chapeau. Avviene così che  il Bonavota, unitamente alla  società  Micorosa  Srl  (di  Brindisi)  e la società   Montedipe  Spa  siglano  una  “Scrittura Privata”  (che  trovate qui  di seguito  allegata  e  riprodotta pdf)  che  ha  per oggetto: “ … la  reindustrializzazione dell’area  di Brindisi”,  nonché  la  nobilissima  finalità del   “…   reimpiego del  personale  attualmente  in  CIGS di Montedipe  … sul  presupposto  che  venga  installata in  un’area  confinante  con  lo  stabilimento  petrolchimico un’azienda  industriale avente  come  attività il  recupero  e  la  lavorazione di  sottoprodotti  fangosi con  esclusivo  reimpiego  di  personale di  Montedipe … Montedipe  riconoscerà  a Micorosa per  ciascun  dipendente  MONTEDIPE in  CIGS  assunto  da  Micorosa …  un  contributo  di 15  milioni …”.
Il progetto Micorosa-Bonavota - che  trovate anche  questo quì  di seguito  allegato  e  riprodotto -   riscosse  immediatamente l’entusiastico  consenso  dei vertici  dell’ENI  (e  lo  credo  bene … far  sparire 1  milione di  mc di  vel-ENI come  per  incanto) tanto  che il prode Mattiussi si  studiò a  memoria ogni  singoli  passo  del  memorandum e  s’incorniciò nell’ufficio la  copertina  del  dossier che  titolava: “Progetto  di  fattibilità per  l’installazione in  un’area  confinante con lo  stabilimento  petrolchimico di  Brindisi  di  una azienda  industriale avente  come  attività il  recupero e la  lavorazione di  sottoprodotti fangosi”.
Non potete neanche  lontanamente immaginare  i  ritorni  che  potrebbero  esserci in  termini industriali se  progetto   funzionerà  bene e  senza intoppi. Se  il  Bonavota  non è  un  pazzo  furioso  visionario  ed  il  suo procedimento  alchemico è ok  potrebbe  essere  sfruttato  su  larga  scala  per  smaterializzare d’incanto  tutti  i  rifiuti  killer  dell’ENI  sparsi  in tutti  gli  stabilimenti d’Italia  e del  mondo.        
         
Così  sul  finire  degli  anni ’80 si  moltiplicano freneticamente i  contatti tra  l’archimede  pitagorico brindisino, Mattiussi ed i  vertici dell’Ente  Energetico Idrocarburi per  mettere  a punto le  varie  fasi dell’affaire.  Finchè un  giorno Dario  Amodio  di  Enichem Anic invia una Nota  riservata  a  Mattiussi  che  riassume  i  termini  del  business: “Nota  riservata  per  il  dott.  Mattiussi -  iniziativa Bonavota per il  riutilizzo  di  fanghi  da  carburo”. Scrive il  relatore di Enichem Anic:
“…  a  sud  dello  stabilimento  petrolchimico,  fuori  della  recinzione, esiste  un’area  di  circa 44  ettari  denominata “Zona  Fanghi” adibita  a  suo  tempo  a  ricevere i  residui  provenienti dalla  produzione  di  acetilene da  carburo. La  massa  dei  fanghi  depositata  nel  tempo può  essere  valutata  ad un  milione  di  mc…  disponendo  di  una  così  rilevante  massa  di  fanghi  ci  siamo  attivato  da  tempo  per  studiarne  l’utilizzo e  conseguire  contestualmente  la  bonifica  della  zona  eliminando  fonti  di  rischio per  le  persone  che  incautamente vi  si  fossero  inoltrate  e  restituendo  al  verde  l’intera  area.  Proficui  son  stati  i  contatti avviati  con  un  imprenditore locale, che  ha  trovato  la  soluzione  del  problema. Attraverso  opportuni  processi tecnologici (che  di  seguito  sono  indicati) ha  trovato  il  modo di trasformare  i  fanghi ricavandone  prodotti da  utilizzare nell’edilizia  civile … l’imprenditore  di  cui si parla è  il  Geom. Giuseppe  Bonavota socio  e  dirigente  di  alcune  società (Edil Cover, Moviter Sud, Corat  Service) che  operano  a Taranto nel  campo  dell’edilizia e  dell’estrazione e lavorazione  calcarei … Essendo  la  massa  stimata  dei  fanghi clorurati  di  1  milione  di  metri cubi si  prevede  di  dover  trattare in  totale  10  milioni  di  quintali … lavorando 2000  quintali al  giorno,  considerando  ogni  anno 300  giornate   lavorative,  si  prevede che  l’attività  avrà una  durata  di  30 anni”.
Inutile  dirlo l’idea è   semplicemente  geniale. S’elimina  una  fonte  di  rischio  per  l’uomo  e l’ambiente togliendo i  rifiuti  tossico  nocivi  dallo  stabilimento dell’ENI  di  brindisi e si spostano i vel-ENI trasformandoli   in tegole,  in mattoni,  piastrelle, malta  da  costruzione  etc  etc.  Era l’aprile del 1987. Segnatevi  bene sul  calendario sta  data nella  quale è  stata  concepita sta  genialata d’idea. Come si  legge  nel  memorandum sta tipologia  di  “smaltimento”  avrebbe richiesto  perlomeno 30  anni per  far  fuori  tutti  i  veleni  dell’ENI. Se  non  fosse  stato  per  lui (sempre  il geniale e magico  Geom. Bonavota)  a  quest’ora   sarebbero stati  ancora  lì  a trasformare   fanghi  clorurati   imbottiti di mercurio in  malte  bastarde (bastarde proprio e  anche  stronze). Zurlì diede  invece un  aiutino decisivo  pronunciando  le  fatidiche  frasi  “sim-sala-bim” e/o “Magicabula”. E come  per  incanto i  vel’ENI  svanirono. Ancor  tutt’oggi  non si  sa  bene  dove  siano  finiti. E’ un  ENI-gma.  Si  sa  solo  che imponenti  concentrazioni  di  inquinanti e  vel’ENI   son  stati  riscontrati    nell’area che  doveva  servire  per realizzare  il   progetto del  mago  Bonavota. 
Oggi  quell’area  brindisina si  chiama  “discarica  Micorosa”.  Sin’oltre i  5  mt  di  profondità son  stati trovati sepolti nelle viscere della terra, tonnellate e tonnellate  di  vel-ENI fra cui dicloroetilene, il famigerato cloruro di vinile, benzene, arsenico, e altri contaminanti per volumi complessivi che superano di 4 milioni di  volte  i limiti consentiti dalla legge.
Una  bomba  nucleare  ecologica  mai disinnescata proprio alle  spalle  dell’Oasi Naturale delle  Saline (e  lì sti vel-ENI   ci  sono  ancora tutti). Non  è  un caso che  a Brindisi  dalla fine  degli  anni  ’80  in  poi  siano registrate stranissime  morti  probabilmente  riconducibili  agli  agenti chimici killer, in  primis  il cloruro  di  vinile (ma  in  questo cazzo di   paese  una  volta  l’azione  penale  non  era  obbligatoria?).
Alcuni  dicono  che  erano  altri  tempi. Erano  tempi  in  cui tutti  facevano  i  cazzi  che  volevano. A  Brindisi  inquinava  anche  la  Guardia  di  Finanza. Si  legge  in una  nota di  Enichem  Anic (v.  doc.  allegato) che  lo stabilimento Montedipe  di Brindisi  “non è  mai  stato  dotato di  un  impianto di trattamento centralizzato delle  acque di  processo  di  scarico dei  vari  impianti  produttivi, e  nemmeno  di  impianti di trattamenti  specifici, e quindi  tali  acque di  processo confluivano direttamente  nei  collettori di  raccolta  delle  acque di  raffreddamento che  scaricavano a mare…  attualmente  son  stoccati  in  stabilimento 82.000  metri cubi di  soluzione  acquosa di  Sali  sodici (provenienti  dallo  stabilimento  Enichem  Agricoltura  di M.  Sant’Angelo) che  occorre  smaltire  sia per  liberare  i  serbatoi che  su  sollecitazione  dell’Amministrazione Provinciale  di  Brindisi… con l’acquisizione  della  proprietà  Montedipe è  stato riscontrato che  gli  scarichi  civili della  Caserma della  G. d F. e  degli  alloggi  sociali confluiscono  a mare,  a cielo  aperto attraverso una  spiaggia. Pertanto  è  opportuno  convogliare tale  scarico al  trattamento  biologico…  tale  scarico è  causa  di  esalazioni  maleodoranti  in particolare  durante  il  periodo  estivo quando  si  registra  una  notevole presenza  di persone  sulla  spiaggia.  Per  tali  motivi  e onde  evitare coinvolgimenti e strumentalizzazioni  esterne  è  opportuno convogliare  tale  scarico all’impianto  biologico  dello  stabilimento…”.
Beh se  capitate  nei  pressi  di  Brindisi  e  avete proprio voglia  di  farvi  na  nuotatina  da  ste parti,   occhio  a  non  farvi  un   pieno di  colifecali  delle  fiamme  gialle.  Se    invece  siete indigeni  del  luogo ed  avvertite  strane  patologie,  ringraziate  l’ENI. E  tra  poco  potrete  dire  grazie anche all’On.le Stefania Prestigiacomo (ns. illustre  ministro  dell’Ambiente) che è   rimasta  così profondamente  toccata  dall’emozionante  storia ambientale   dell’ENI che  ha  deciso  di  condonare  all’ENI, con  apposito  decreto,   tutti i  più gravi  disastri  ambientali della  storia. Brindisi  incluso. Una  cosa  così  vergognosa  che  più  vergognosa  di  così non  si  può.
Allora senza  offesa. Possiamo proporre un “Brindisi” per il nostro ministro dell’ambiente?  
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Doc. pdf.: “Brindisi_Vel_ENI_interrati1
Doc. pdf.: “Brindisi_Vel_ENI_interrati2
Doc. pdf.: “Brindisi_Vel_ENI_interrati3
Doc. pdf.: “Brindisi_Vel_ENI_interrati4
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