Di seguito riportiamo il nostro contributo al seminario
DAL CARBONE ALLE RINNOVABILI
sfide, opportunità e benefici per il lavoro e la salute.
BRINDISI 16 DICEMBRE 2014
Come sappiamo, negli ultimi anni, la produzione energetica
da fonti rinnovabili in Italia ha avuto una forte crescita, basti pensare che
la produzione da eolico e fotovoltaico è passata da meno di 2.000 GWh, prima
del 2004, a circa 36.500 nel 2013 (dati Terna 2014).
Una dismissione che potrebbe andare molto oltre, se si considera che nello stesso anno la potenza installata risulta di 124.234 MW cioè due volte mezzo quella richiesta nel momento di massimo consumo (picco di domanda), verificato il 26 luglio, con meno di 54.000 MW. Questi dati confermano la nostra convinzione che in Italia sia possibile, oltre che necessario, non solo ridurre da subito il consumo dei combustibili fossili, a cominciare dal carbone, ma programmare la prossima dismissione degli impianti di maggiore impatto e la futura completa eliminazione dei combustibili fossili a favore delle fonti rinnovabili.
L’ultimo dato disponibile, relativo al 2013, fa registrare
un ulteriore aumento delle fonti rinnovabili (idrico, eolico, fotovoltaico,
geotermico e bioenergetico), con un incremento di produzione del 21,5%.
Da un lato , quindi, si è avuto un notevole aumento di
potenza dovuto alle fonti rinnovabili, di cui oltre 2.000 MW da fotovoltaico,
dall’altro nel 2013 sono stati dismessi impianti termoelettrici a combustibili
fossili per 2.054 MW.Una dismissione che potrebbe andare molto oltre, se si considera che nello stesso anno la potenza installata risulta di 124.234 MW cioè due volte mezzo quella richiesta nel momento di massimo consumo (picco di domanda), verificato il 26 luglio, con meno di 54.000 MW. Questi dati confermano la nostra convinzione che in Italia sia possibile, oltre che necessario, non solo ridurre da subito il consumo dei combustibili fossili, a cominciare dal carbone, ma programmare la prossima dismissione degli impianti di maggiore impatto e la futura completa eliminazione dei combustibili fossili a favore delle fonti rinnovabili.
Ovviamente, la nostra opposizione all’uso del carbone e di TUTTI i combustibili fossili si basa principalmente sul peso dei costi sociali sanitari ed ambientali che questi provocano in ambito sia planetario che locale. L’Agenzia Europea dell’Ambiente ha dichiarato che nel periodo 2008/20012 le emissioni inquinanti della centrale Enel Federico II hanno comportato un costo in termini sanitari tra i 1356 e 2940 MILIONI DI EURO.
E intanto da Vado Ligure giungono dei dati che , invece, quantificano il
beneficio, in termini di costi sanitari, che si è avuto durante i 9 mesi di
chiusura della centrale ligure. Indicativamente da 40 a 90 persone si sono
salvate, e si sono risparmiati costi 'esterni' per almeno 70-100 milioni in
termini di danni sanitari e ambientali evitati.
Ma è l’intero “ciclo del carbone”, dall’estrazione in
miniera, alla lavorazione, al trasporto, fino alla sua combustione, che ne
evidenziano gli effetti dannosi come lo sfruttamento delle popolazioni locali,
l’occupazione e la devastazione di ampi territori, la produzione di enormi
quantità di emissioni inquinanti e di rifiuti pericolosi, la contaminazione
delle acque e dei suoli, scarichi inquinanti, desertificazione e distruzione di
interi ecosistemi. Senza contare gli incidenti che coinvolgono i minatori e la
puntuale violazione dei diritti delle popolazioni che nelle zone minerarie
risiedono. Le scelte politiche nazionali e locali dovrebbero SEMPRE tenere in
considerazione tutti questi aspetti.
Nonostante sia ormai chiaro che ci sono GIA’ ORA le condizioni per avviare un radicale cambiamento delle politiche energetiche, assistiamo ancora , a scelte politico-economiche che dietro presunti interessi strategici di sicurezza internazionale e nazionale, continuano a proporre i vecchi modelli basati sulle fonti fossili, come nel caso dei metanodotti (TAP) o delle trivellazioni del suolo e dei fondali marini. Sappiamo come lo Sblocca-Italia, darebbe via libera ad ulteriore devastazione dei territori , principalmente del nostro Sud, togliendo la possibilità alle comunità ed alle istituzioni locali di poter incidere su tali scelte in difesa delle vocazioni della propria terra e della salubrità dell’ ambiente.
Nonostante sia ormai chiaro che ci sono GIA’ ORA le condizioni per avviare un radicale cambiamento delle politiche energetiche, assistiamo ancora , a scelte politico-economiche che dietro presunti interessi strategici di sicurezza internazionale e nazionale, continuano a proporre i vecchi modelli basati sulle fonti fossili, come nel caso dei metanodotti (TAP) o delle trivellazioni del suolo e dei fondali marini. Sappiamo come lo Sblocca-Italia, darebbe via libera ad ulteriore devastazione dei territori , principalmente del nostro Sud, togliendo la possibilità alle comunità ed alle istituzioni locali di poter incidere su tali scelte in difesa delle vocazioni della propria terra e della salubrità dell’ ambiente.
Ci sono invece le condizioni, sia economiche che tecnologiche,
per avviare una strategia di USCITA dall'era dei fossili, secondo quella che
Jeremy Rifkin ha chiamato la terza rivoluzione industriale, un nuovo modello
energetico basato sulle fonti rinnovabili, con piccoli impianti distribuiti sul
territorio, collegati in rete e dotati di sistemi di accumulo dell’energia
elettrica. Un modello non solo ecologicamente, ma anche economicamente
conveniente, in quanto si basa su un’alta densità di lavoro e non di capitali,
democratica, perché non concentrata nelle mani di poche multinazionali e più
rispettosa dei diritti umani, perché ,è bene ricordare , che a tutte le fonti
fossili sono legate molte guerre e sfruttamento delle popolazioni più povere….
in un nuovo colonialismo basato su quello che Giuseppe De Marzo definisce
“razzismo ambientale istituzionalizzato” che legittima le differenze tra
classi, etnie, razze e luoghi.
Ci preme sottolineare che questo modello a cui puntare ovviamente esclude l’uso delle energie rinnovabili con la vecchia logica dei grandi impianti, come nel caso del fotovoltaico o eolico selvaggio nella nostra regione, che ha deturpato ampie zone di territorio agricolo. E’ sotto gli occhi di tutti noi lo scempio compiuto in vaste aree del salento, e se poi consideriamo che oltre al fotovoltaico, all'eolico, rientrano nelle “rinnovabili” anche le centrali a biomasse, capiremo che l’intera impostazione è ben lontana dagli obiettivi di una vera sostenibilità del sistema. Citiamo l’esempio , giusto per rimanere sul territorio, dello zuccherificio SFIR che ha al suo interno una centrale a biomasse che brucia residui di lavorazione e olio di palma aggiungendo emissioni alla già preoccupante situazione ambientale
Perché quindi continuare a subire sul nostro territorio la presenza di impianti
E’ appena il caso di ricordare che la nostra città
ha un tasso di disoccupazione che sfiora il 33% anche a causa di questo modello
di sviluppo impostoci da oltre 50 anni che ha svilito e mortificato le VERE vocazioni
del territorio, così come è giusto ricordare tutte le aziende agricole che
operavano nella zona di Cerano e del nastro trasportatore che hanno perso
totalmente o parzialmente la loro attività lavorativa.
Oltre un anno fa ci siamo posti questa ulteriore semplice domanda: nel quadro dell’attuale produzione di energia elettrica in Italia e delle sue prospettive future è ancora necessario o utile avere una mega centrale a carbone come quella di Cerano?
La nostra risposta l’abbiamo espressa con un grande manifesto uscito lo scorso 30 dicembre e con un comunicato stampa che a molti sono apparsi una semplice provocazione.
Al contrario, anche sulla base dei dati prima citati, oltre all’immediata e definitiva chiusura e dismissione dell’impianto ex Edipower, noi ribadiamo la necessità di programmare da subito la progressiva e definitiva dismissione anche della centrale di Cerano.
Un’ipotesi complessa, che va pianificata, definita nei tempi e nei modi, associandola ad una revisione dell’intero comparto industriale, alla completa ed effettiva bonifica dell’area che vada oltre una semplice messa in sicurezza come sta avvenendo nel caso di Micorosa con l’obiettivo né irrealizzabile né fantasioso di giungere alla dismissione di tutti gli impianti ad alto impatto ambientale e sanitario.
Un processo che parte da una diversa visione della nostra città e del nostro martoriato territorio, che deve svincolarsi dal ricatto occupazionale e costruirsi una prospettiva che si basi sulle sue potenzialità e possa garantire il benessere di tutta la popolazione, lavoratori compresi.
E’ solo questione di tempo. Chi non lo comprende e ci considera dei visionari è legato a modelli del passato o non ama questa terra. Lo spirito della nostra azione quotidiana sta in questo : non sterili rivendicazioni ambientali, non avversioni aprioristiche verso singole aziende o gruppi politici, ma l’idea che con una vera svolta nel pensiero prima ancora che nelle scelte di programmazione, questa città potrà divenire esempio ed emblema di come, nonostante le disastrose scelte del passato, si PUO’ e si DEVE cambiare.
Nessun commento:
Posta un commento