10 febbraio 2015

DOSSIER SANT'APOLLINARE: LA STORIA, LO STATO ATTUALE E IL PROGETTO DI CEMENTIFICAZIONE SELVAGGIA.

Dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, lentamente la città iniziò a riprendere le sue attività ed anche la storica spiaggia di Sant’Apollinare tornò a vivere. Ma la sua fine fu segnata dall’insediamento del petrolchimico che rese non più balneabili le vicine spiagge, compresa Sant’Apollinare, interrompendo il rapporto che sempre legava gli abitanti a quel luogo. Negli ultimi decenni altre industrie hanno occupato gran parte del porto di Brindisi sia fisicamente (Edipower, SFIR, Sanofi ecc.) sia come utilizzo degli spazi (carboniere, gasiere, ecc).
 L’Autorità Portuale continua a gestire, a decidere e a progettare (anche modifiche o costruzioni di grande rilevanza che cambiano forma e caratteristiche di quello che è un porto naturale considerato unico al mondo e che andrebbe tutelato fosse solo per questo) senza tener conto che il porto è nella città, ne fa parte integrante e che da sempre è stato il cuore e la ricchezza di Brindisi.
 

La spiaggia di Sant’Apollinare, situata nel porto medio e adiacente al Parco Archeologico di Punta delle Terrare, oggi è soffocata da due orribili muri che impediscono una visuale fantastica dell’intera città, del porto, del monumento al marinaio, delle colonne romane e dei due castelli; in nessun altro punto della città si può godere della stessa prospettiva.

Ed è a Sant’Apollinare che oggi l’Autorità Portuale 
propone un assurdo progetto di banchinamento, 

già inserito nel 2006 nel piano regolatore portuale e di cui si è recentemente approvata la versione definitiva, redatta nell'aprile 2013, che significherebbe un ulteriore consumo di territorio con una inutile cementificazione che preclude altri spazi alla cittadinanza, nonostante l’importanza storica ed identitaria che quel luogo rappresenta.

Tutto ciò per 3 attracchi (per traghetti ro-ro) 
che potrebbero essere individuati in strutture già esistenti. 
 Vi è infatti tutta l’area ex Edipower, la vecchia centrale a carbone attualmente ferma perché obsoleta e di prossima dismissione, con 40 ettari che dopo la bonifica potranno essere restituiti al porto e alla retroportualità, o la più recente colmata di Capobianco nella zona del porto esterno (altra incredibile cementificazione di circa 20 ettari rubati al mare appena pochi anni fa), ad una inevitabile futura fine dell’uso di carbone per produrre energia (lo stesso A.D. Enel Starace prevede la progressiva chiusura o conversione di 23 centrali termoelettriche alimentate a fonti fossili) e quindi la possibile disponibilità anche degli approdi ora utilizzati dalle navi carboniere.
 
Alla luce di queste considerazioni il progetto del nuovo banchinamento appare anche un inutile dispendio di fondi che potrebbero essere invece destinati a interventi di riqualificazione per restituire spazi alla città e trovare nuove forme di promozione turistica.


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