Nella giornata di ieri si è svolta alla presenza del direttore di ARPA Puglia, Dott. Assennato e dei responsabili locali, la conferenza dei capigruppo avente ad oggetto le Torce del Petrolchimico. Quello che emerge da questo incontro è il ruolo di dominus incontrastato dell’azienda nei confronti delle istituzioni TUTTE. Iniziando dall’Arpa, che in occasione delle sempre più frequenti sfiammate è stata semplicemente ignorata, arrivando al Sindaco capace soltanto di prodursi in sterili e ripetuti ultimatum nei confronti dell’azienda, ai quali veramente non crede più nessuno, probabilmente nemmeno lui.
Se non si fosse consapevoli della pochezza della classe politica, in termini di idee e di programmazione per un cambiamento radicale delle linee guida da far seguire a questa città, ci sarebbe da rimanere inorriditi. Lo stesso Dott. Assennato parla chiaramente di una Normativa, quella italiana, che, come nel caso del Benzene si concentra su limiti a media annuale – che non deve superare i 5 mg/m3, tralasciando pericolosamente gli sforamenti che possono avvenire in casi particolari come quello delle sfiammate.
Le conclusioni di questa conferenza si producono in un “rivediamoci” per cercare di capire se è possibile arrivare ad una posizione comune tra le forze politiche da portare poi ad un eventuale consiglio monotematico. Magari come quello sull’energia, aggiungiamo noi, uno schiaffo ad un intera comunità, una presa in giro talmente grossa da rendere impossibile qualsiasi giudizio.
Visto, che nessuna forza politica ha il coraggio di dire la verità o di fare proposte serie, continuando a credere che a quell’impianto possano essere apportate delle migliorie tali da rendere il compromesso salute-lavoro meno gravoso, lo diciamo noi quello di cui si dovrebbe discutere con un azienda, che stando ai rumors e non solo, sta cercando in tutta fretta il disimpegno da questo stabilimento e da questo territorio oramai depredato. Senza giri di parole, così come per Edipower, per Cerano anche per il petrolchimico bisogna iniziare seriamente a parlare di dismissione dell’impianto e bonifica delle aree avvelenate. Sia chiaro, non è una provocazione buttata li, in barba ai posti di lavoro che si perderebbero, ma una ponderata quanto ineluttabile necessità, quella di affrancare finalmente questo territorio dalla moderna schiavitù imposta con il ricatto occupazionale, a vantaggio di una nuova prospettiva, che con una seria programmazione, inizi da un lato a mettere la parola fine alla presenza di questi impianti che hanno portato solo miseria, inquinamento e morte in dote al territorio e dall’altro posando la prima pietra per uno sviluppo sostenibile, fatto di quelle tipicità che appartengono alla nostra cultura e tradizione, innescando una nuova forma di economia del territorio, non più suddito della/e multinazionali di turno, ma fiero artefice del proprio destino.
Brindisi deve iniziare a comprendere che il radicale cambiamento di questo modello di sviluppo che oggi ci ha definitivamente presentato il conto nel suo fallimento, non può rappresentare il futuro. Un futuro di benessere e prosperità si potrà raggiungere partendo dal presente, tenendo ben a mente gli errori da non ripetere e iniziando quel famoso cambio di paradigma che le generazioni future si aspettano da noi.
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