Nel pomeriggio del 12 gennaio 2016 abbiamo constatato che i lavori di
completamento delle infrastrutture di security nel porto di Brindisi in
esecuzione da parte dell’Autorità Portuale di Brindisi presso l’area
Archeologica di Punta delle Terrare sono tuttora in atto.
Oltre al
completamento del corpo di fabbrica posto sul retro della pensilina
incriminata, sono evidenti nuovi lavori di scavo con opere in cemento
lungo la strada e sulla spiaggia, ricadente anch’essa nella fascia di
rispetto dell’area sottoposta a vincolo.
A niente è servita la nota della Soprintendenza Archeologica della Puglia inviata il 3 settembre 2015 all’Autorità Portuale per chiedere di sospendere i lavori?
A niente è servita la nota della Soprintendenza Archeologica della Puglia inviata il 3 settembre 2015 all’Autorità Portuale per chiedere di sospendere i lavori?
La nota
disponeva anche “di sospendere ulteriori eventuali lavori al di sotto
delle quote di calpestio attuali, nelle more della valutazione delle
opere previste in progetto”.
Il 7 gennaio 2016 abbiamo presentato un esposto inerente i lavori presso l’area Archeologica con cui abbiamo chiesto di accertare eventuali responsabilità in relazione agli interventi realizzati in quell’area, e porre in essere i provvedimenti ritenuti opportuni per scongiurare danni ai beni paesaggistici sui quali insistono le opere.
Ad oggi non ci risultano nuove autorizzazioni necessarie al proseguimento dei lavori, per questo dopo il sopralluogo abbiamo presentato alla Soprintendenza Archeologica della Puglia (e per conoscenza alla Procura) la segnalazione di quanto verificato (increduli) sollecitando un intervento per appurare lo stato dell'arte ed eventuali irregolarità.
Ancora una volta, di fronte al silenzio assordante della classe politica, degli enti e della società civile che dovrebbero essere in prima linea a difendere la cultura e il nostro territorio, abbiamo dovuto rispondere con l’unica arma che avevamo a disposizione: rivolgerci alla magistratura, rimasta spesso l’unica ancora di salvezza per la tutela dei diritti del cittadino e dell’ambiente.
Ci siamo sentiti offesi e feriti. Offesi nel verificare che nonostante la Soprintendenza avesse chiesto la sospensione dei lavori, l’Autorità Portuale non ha ritenuto opportuno fermarli ed ha proseguito nella sua opera di inutile cementificazione. Feriti, perché nonostante tutti i nostri sforzi e il nostro impegno di partecipazione democratica, di dialogo e di rispetto per le istituzioni, ci troviamo ancora una volta di fronte all’indifferenza e l’arroganza di chi gestisce il nostro territorio, la loro mancanza di rispetto per la sua storia, per le sue origini e per il futuro. Un muro di gomma che non si rompe e non si piega. In cui le giuste rivendicazioni rimbalzano o scivolano via. Un muro impermeabile all’urgente bisogno di cambiamento che questa città necessita e merita, e in cui noi crediamo.
Siamo certi che stiamo vivendo una fase importante di transizione, in cui ogni opera progettata con vecchie logiche vada combattuta, e in cui ogni piccola vittoria nella difesa del nostro territorio potrà diventare il trampolino di lancio per un cambiamento sostanziale, per uno sviluppo in armonia con le inestimabili bellezze della nostra terra. Quanto durerà questo processo non possiamo saperlo. Sappiamo solo che è urgente iniziare. Ora.
Il 7 gennaio 2016 abbiamo presentato un esposto inerente i lavori presso l’area Archeologica con cui abbiamo chiesto di accertare eventuali responsabilità in relazione agli interventi realizzati in quell’area, e porre in essere i provvedimenti ritenuti opportuni per scongiurare danni ai beni paesaggistici sui quali insistono le opere.
Ad oggi non ci risultano nuove autorizzazioni necessarie al proseguimento dei lavori, per questo dopo il sopralluogo abbiamo presentato alla Soprintendenza Archeologica della Puglia (e per conoscenza alla Procura) la segnalazione di quanto verificato (increduli) sollecitando un intervento per appurare lo stato dell'arte ed eventuali irregolarità.
Le immagini parlano da sole.
(foto scattate il 12 gennaio 2016)
Ancora una volta, di fronte al silenzio assordante della classe politica, degli enti e della società civile che dovrebbero essere in prima linea a difendere la cultura e il nostro territorio, abbiamo dovuto rispondere con l’unica arma che avevamo a disposizione: rivolgerci alla magistratura, rimasta spesso l’unica ancora di salvezza per la tutela dei diritti del cittadino e dell’ambiente.
Ci siamo sentiti offesi e feriti. Offesi nel verificare che nonostante la Soprintendenza avesse chiesto la sospensione dei lavori, l’Autorità Portuale non ha ritenuto opportuno fermarli ed ha proseguito nella sua opera di inutile cementificazione. Feriti, perché nonostante tutti i nostri sforzi e il nostro impegno di partecipazione democratica, di dialogo e di rispetto per le istituzioni, ci troviamo ancora una volta di fronte all’indifferenza e l’arroganza di chi gestisce il nostro territorio, la loro mancanza di rispetto per la sua storia, per le sue origini e per il futuro. Un muro di gomma che non si rompe e non si piega. In cui le giuste rivendicazioni rimbalzano o scivolano via. Un muro impermeabile all’urgente bisogno di cambiamento che questa città necessita e merita, e in cui noi crediamo.
Siamo certi che stiamo vivendo una fase importante di transizione, in cui ogni opera progettata con vecchie logiche vada combattuta, e in cui ogni piccola vittoria nella difesa del nostro territorio potrà diventare il trampolino di lancio per un cambiamento sostanziale, per uno sviluppo in armonia con le inestimabili bellezze della nostra terra. Quanto durerà questo processo non possiamo saperlo. Sappiamo solo che è urgente iniziare. Ora.
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