La possibile
concessione ventennale delle rampe traghetto alla Compagnia Grimaldi è presentata
come un’imperdibile occasione di sviluppo per il Porto e la Città. In verità, il dito con cui ci indicano questa
opportunità è contorto e pieno di nodi.
Infatti lascia tutti un po’ perplessi la fretta con cui il Comitato
Portuale viene chiamato a esprimersi sulla questione. Pur essendo parte dello stesso Comitato, sindaco
e giunta non sono ancora operativi. La
stessa Autorità Portuale è retta da un commissario e si è in attesa di una
riforma. Nessuno ha ancora diradato i
dubbi sulla conformità di una simile concessione alla legge nazionale ed
europea. Nel rilascio delle concessioni,
la legge n. 84/94 obbliga le autorità competenti
a “riservare nell'ambito portuale
spazi operativi allo svolgimento delle operazioni portuali da parte di altre
imprese non concessionarie”. Anche su altre problematiche, il rischio di
azioni legali da parte di impese armatrici danneggiate è più che concreto. Sicuramente tutto ciò genera sospetto. Appare una forzatura per orientare la scelta
verso una direzione favorevole alle richieste di Grimaldi.
A rassicurarci, però,
ci sono coloro che ci educano a guardare la luna e non il dito: dovremmo imparare
a integrarci nei moderni sistemi del mercato marittimo, guardare all’unico
sviluppo possibile, intraprendere finalmente una politica del fare senza
stagnare nella mancanza di decisionismo, etc..
E allora guardiamola
questa luna, ma con gli occhi dei brindisini.
Grimaldi verrebbe a operare nel cuore del porto di Brindisi usando navi
traghetto ro/ro o ro/pax in sostanziale regime di monopolio. Ma per sua natura questo genere di attività ha
ricadute economiche trascurabili per la città.
I legittimi interessi degli operatori coinvolti vanno senza dubbio rispettati
e il traffico merci deve in qualche modo essere implementato anche nel nostro
porto. Ma che senso ha privilegiare le
merci rispetto ai passeggeri (i nostri potenziali turisti) sacrificando per
sempre la zona di Punta delle Terrare e ponendo le condizioni per la
cementificazione di tutta l’area? Ironia
della sorte, questo è il luogo che gli esperti definiscono “la prima Brindisi
storica”. Un importantissimo sito
archeologico già tutelato che attende solo di essere valorizzato e fruito e che
potrebbe essere il punto di partenza di tour in grado di far apprezzare le
bellezze storico-artistiche della città. Questa luna ci apparirà ancora più diversa se poi
la guardiamo con gli occhi dei brindisini che con coraggio hanno aperto nuovi Bed
& Breakfast o che gestiscono agenzie turistiche, alberghi, ristoranti,
attività commerciali. Con gli occhi di
quei giovani che stanno cercando di organizzare cooperative e imprese studiando
itinerari che possano attrarre l’interesse dei turisti.
La complessità del linguaggio
tecnico spesso usato rischia di farci distogliere lo sguardo da una scelta
semplice e alla quale ogni cittadino ha titolo per partecipare. Non bisogna essere economisti per comprendere
che la vera scelta è tra una cosiddetta economia di sistema, di cui in tanti si
riempiono la bocca, e un’economia a misura di cittadino. Con la prima si massimizzano in modo
scientifico i profitti di pochissimi e si arreca l’ennesimo sfregio al
territorio. Con la seconda scelta si
percorre la strada tracciata dall’idea di Brindisi Città d’Acqua, dando opportunità
a uno sviluppo economico diffuso e duraturo.
Uno sviluppo basato su solide fondamenta perché rispettoso del nostro
patrimonio storico, artistico e paesaggistico.
In realtà la luna che ci
viene indicata è in un pozzo. Sempre
quello. Quello che negli anni ’60 ci ha
fatto abbandonare le potenzialità agricole del nostro territorio per sposare il
miraggio della Montecatini. Quello di
una speculazione edilizia selvaggia che in nome dello sviluppo ha distrutto il
Teatro Verdi, la Torre dell’Orologio, i Parchi della Città e ha coperto di
cemento tanti resti archeologici. Adesso
ci risiamo e la posta in gioco è il nostro Porto. Perso anche quello, ci rimarrà sempre il solito
pozzo.
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