A Brindisi vorrebbero realizzare un inceneritore per bruciare i rifiuti tossici delle aziende della zona industriale.
L’area
nella quale si vorrebbe veder funzionare l’inceneritore presenta una
concentrazione particolarmente critica (assolutamente irrazionale) di
impianti altamente inquinanti (impianto chimico, petrolchimico, centrali
elettriche, area portuale, discariche) e si trova in una zona
densamente urbanizzata.
In quell’area, numerosi studi hanno
documentato un eccesso di mortalità per varie patologie neoplastiche e
non neoplastiche e un eccesso di malformazioni fetali causate
dall’inquinamento ambientale.
Secondo lo “Stato di salute della Regione Puglia”, recentemente pubblicato dall’Osservatorio Epidemiologico Regionale, “in
Puglia, la speranza di vita alla nascita nel periodo tra il 2006 e il
2011 è aumentata sia per gli uomini che per le donne, mantenendosi in
linea con il dato nazionale. Le sole province di Taranto e Brindisi
(relativamente alle donne) si discostano dal dato regionale e nazionale,
in quanto l’indicatore mostra un trend in diminuzione”.
Il
Piano Regionale della Qualità dell’Aria (PRQA) ha inserito Brindisi tra
le 14 città pugliesi da bonificare, a causa dell’elevato inquinamento
da impianti industriali e da traffico veicolare.
Dunque, la
logica e l’etica vorrebbero che non fosse possibile incrementare
ulteriormente i livelli di inquinamento in un’area con così tante
criticità ambientali e sanitarie.
Ma per Brindisi, come per Taranto e per numerosi altri luoghi d’Italia, la logica e l’etica non contano.
È
ormai indiscutibile che gli inceneritori causino conseguenze rilevanti
sulla salute umana e chi lo nega è ignorante o ipocrita. Un gran numero
di pubblicazioni scientifiche internazionali dimostra che questi
impianti industriali, anche se “tecnologicamente avanzati” sono
responsabili di malformazioni congenite, patologie perinatali,
gravidanze pretermine, linfomi e sarcomi, alterazioni ormonali in età
adolescenziale.
Realizzare un impianto del genere in un’area da
bonificare che presenta le criticità sanitarie che Brindisi ha, non
avrebbe giustificazioni.
Tuttavia ancora una volta, come sempre
accade quando non si hanno altre motivazioni valide per giustificare
scelte insensate, anche a Brindisi si ricorre al ricatto occupazionale.
Paladini
dei lavoratori si sbracciano con enfasi per “garantire l’occupazione” a
circa trenta operai che, a inceneritore realizzato, si renderebbero
responsabili di incrementare il rischio sanitario per se stessi e per i
residenti nei territori limitrofi, compresi i loro familiari.
Brindisi
come Taranto. Lavoro in cambio di salute: un’offerta che nasconde
l’incapacità (o la mancanza di volontà) di creare lavoro sostenibile.
Halifax,
New Mexico, è stata la prima comunità (di una lunga serie) a dimostrare
che le poche decine di posti di lavoro per far funzionare una macchina
produttrice di scorie tossiche, inquinamento e sofferenza possono essere
trasformati in centinaia di posti di lavoro, se si avvia la filiera
virtuosa del riciclo e del recupero di materia.
È possibile che
nel nostro Paese questo continui a non accadere, perché l’interesse
economico di pochi deve prevalere sull’interesse della collettività, a
volte addirittura per “ragion di Stato” ?
Non solo Brindisi, ma
l’intera Puglia dovrebbe ribadire il suo “NO GRAZIE” a chi continua
imperterrito a presentare proposte indecenti, come è quella di questo
inceneritore.
La vicenda dell’inceneritore di Brindisi riguarda
tutti noi, non solo i brindisini, come la questione ILVA non riguarda
solo i tarantini e le criticità sanitarie e ambientali di innumerevoli
città italiane non riguardano solo i residenti di ognuna di quelle
città.
Non stanchiamoci mai di ribadire il primato della
prevenzione primaria e del rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo
sull’interesse economico di poche squallide lobby.
In questo
momento siamo tutti brindisini, siamo tutti tarantini, abbiamo tutti il
dovere di far rispettare la dignità civile delle nostre comunità. (fonte)
Agostino Di Ciaula
Agostino Di Ciaula
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