La proiezione del
film documentario -Il giorno che verrà- del regista Simone Salvemini è
stato un evento memorabile. Sullo
schermo è stata proiettata la rabbia e la voglia di cambiamento di una città che
a partire dagli anni 60, con le immagini di repertorio della Montecatini, fino
ai giorni nostri è stata ininterrottamente stuprata dalle lobby industriali, e
che oggi sente il bisogno di mettere un punto e voltare pagina, afferrando a
piene mani quel foglio bianco, nuovo e pulito su cui riscrivere il proprio
futuro.
Che non fosse un film innocuo lo si poteva intuire fin da
subito. Mentre la folla, bellissima ed inaspettata, iniziava ad arrivare, nella
sala d’ingresso del teatro un folto gruppo di attivisti di Greenpeace (che
ringraziamo di cuore per il sostegno) venuti da Bari e da Lecce allestivano un presidio informativo e si preparavano a sensibilizzare il pubblico prima e dopo
la proiezione. All’esterno del teatro purtroppo
diverse decine di persone sono rimaste senza biglietto e in sala oltre
mille spettatori che sui titoli di coda hanno applaudito con gli occhi lucidi un’ opera che segna
inevitabilmente un punto di svolta nella coscienza di una città. Prima dell’inizio il regista
Simone Salvemini ha fatto una breve presentazione dal palco invitando al suo
fianco il dottor Latini, direttore del reparto di Neonatologia dell’ospedale
Perrino, medico che ha dedicato tutta la sua vita alla scienza e alla sua
città.
Inizia il film e sullo schermo scorrono le storie di quattro
personaggi: Daniela, Paola, Pierpaolo e Gianni tutti attivisti del movimento No
al carbone, che il regista ha seguito durante un periodo importante della loro
vita. Quattro personaggi, quattro storie che si intrecciano sullo sfondo di una
città martoriata dalle problematiche ambientali ma soprattutto umiliata da una
classe politica incompetente e connivente.
Le sequenze dei tre consigli comunali monotematici saltati
per il non raggiungimento del numero legale sono tre lame che squarciano gli
ultimi brandelli di dignità di un’intera classe politica brindisina.
Al termine della proiezione sul palco sale tutto il cast
tecnico artistico del film per i ringraziamenti e subito dopo fuori dalla sala
ci immergiamo nei primi commenti a caldo tra ringraziamenti e strette di mano.
Alcuni cittadini chiedono se è possibile acquistare un dvd, molti chiedono se
ci saranno delle altre proiezioni e molti altri commentano con sdegno e
delusione l’uscita del sindaco Consales al riaccendersi delle luci in sala. Seppur
presente in veste privata molti cittadini aspettavano un commento, una parola
da quel palco che l'ha visto allontanarsi ed uscire di scena.
Questa che segue è una lettera del docente e scrittore Mimmo
Tardio che con molto piacere pubblichiamo:
Un salutare pugno nello stomaco
Lettera a Simone Salvemini
di Mimmo Tardio
Carissimo Simone,
ti scrivo a caldo, dopo aver visto, insieme a tantissima
gente, ( che bello vedere la file all’Impero e via de’Terribile occupata
all’inverosimile!) il tuo straordinario film documentario, “I giorno che
verrà”. Ho provato appena uscito sentimenti anche contrastanti, talora
confermati anche da episodici scambi di battute con qualcuno dei presenti..Il
film è bello, “tiene”, c’è anche sapienza di scrittura e questo credo sia
dovuto anche a Barbara Longo, da quel che ne so, che ancora ricordo giovane e
mai banale reporter, quando, anche insieme, tramavamo articoli ed interventi un
po’ più irriverenti ed obiettivi sui nostri giornali…E’ un documentario che
secondo me è proprio dentro quel bel filone, ormai evidente a Brindisi, di
ricerca, scrittura,teatro ed arte in genere, che da anni prova a raccontare
anche la nostra realtà, senza più piangersi addosso, senza più pietire invidia
per l’altro Salento e non si butta la croce addosso d’una presunta,
soverchiante indolenza, troppo presente, secondo ancora tanta gente,
nell’antropologia brindisina. Il tuo lavoro, già più maturo rispetto agli altri
narra di questa nostra martoriata ma non ancora abbattuta città. E se nell’immediato,
vedendo “Il giorno che verrà”, mi era sembrata in qualche misura persistente
una certa forma agiografica, nei confronti del bellissimo movimento dei “No al
carbone”, dopo ho meglio metabolizzato che anche quella cifra stilistica,
quell’indulgenza verso la narrazione, anche gandiana, ( che bella l’irridenza
della torta e la leggerezza della forme di lotta adottate !), nascevano da un
nobilissimo e condivisibilissimo sentimento : l’amore per la propria terra.
Ecco perché il tuo film è stato anche un bel pugno dello stomaco : di quella
politica che si nasconde, nicchia, diserta, discetta sempre di grandi sistemi
per non affrontare la realtà e finge di non accorgersi, con ipocrisia lugubre e
colpevole, che la terra brindisina ha subito nel tempo una devastante
aggressione ambientale, i cui effetti lasceremo anche alle future generazioni;
ma anche un pugno salutare per le troppe coscienze sopite nel tran tran
quotidiano e dal qualunquismo imperante. Belli e poetici, allora, alcuni cammei
: Pierpaolo, che è un persuasivo ricercatore delle mappe del nostro oltraggio e
poi suoi figlio, un incantevole ragazzo che scopre la più evidente ovvietà nel
constatare come sarebbe più bella Brindisi senza quelle ferite , col candore
poetico dei bambini; Paola che racconta la sua passione ambientalista
attraverso il suo amore per la musica ed i bambini e scopre così di vivere
soprattutto grazie alle canzoni, alla poesia e al mare; Daniela che si
convince, anche grazie all’impegno nel movimento cui appartiene, che è ancora
possibile, deve esserlo, sognare e lottare per un futuro nel quale i bambini,
come il suo, che sta per arrivar, possano vivere meglio; Gianni, che sopra
tutto “funziona”, narrativamente, per quel suo reinventarsi la vita, insieme
alla sua compagna ed alle sue bambine, in un matrimonio tardo-hippy, d’un
candore infinito, che copre con un velo di salutare disincanto la storia,
chissà quanto scientifica, dei camini e del pane di Torchiarolo, considerati
colpevoli dell’inquinamento in quel paese….Ecco che quella che a prima vista
poteva apparire come una forzatura stilistica e di contenuto, ovvero la molta
attenzione ai “No al carbone”, diviene per me invece, alla fine, riflettendoci
meglio, davvero un punto di forza, quasi un atto d’amore, per quelli che anche
in terra brindisina s’impegnano ad affrontare le emergenze e provano a fare
buona politica : certo questi sono anche presenti, in altri rivoli
dell’ambientalismo, di altri movimenti, di parti di sindacato e di partiti,
della stessa Chiesa, di tanto associazionismo, di tante persone e del mondo
della scuola. Io sono convinto, però, che tu abbia voluto far diventare questa
bella esperienza di quel movimento una sorta di simbolo che racconta quanto le
esperienze di cambiamento debbono soprattutto partire dal basso, essere
“pulite” e non violente, debbono coinvolgere e stimolare : a partire dalle
tante coscienze che spesso frastornate da distorte informazioni e da continui
rinvii finiscono per intorpidirsi. Facendo di fatto il gioco dei professionisti
della magagna e dell’imbroglio, che su questo campano. Ecco perché ascrivo
questo tuo bel documentario in quel filone che secondo me arricchisce Brindisi
da diversi anni e che prova a disegnare una mappa di esperienze variegate, che
proprio a partire dalla riscoperta d’una “brindisinità” non retorica, ne’
campanilistica o solo avvolta nell’aura della nostalgia memoriale, sta provando
a narrare la nostra terra con le “armi” più belle e durature : quelle della
cultura, declinata nelle sue tante forme. Basti pensare a quante esperienze
teatrali, anche di un buon rilievo sono nate e si stanno consolidando a
Brindisi; a quante belle esperienze musicali si stanno diffondendo, a quanti
scrittori, giovani e non, stanno raccontando il nostro territorio e ad alcuni
di loro oramai conosciuti a livello nazionale. Permettimi solo ricordarti
almeno alcune esperienze di narrazione, anche musicale, della terra brindisina
e di promozione delle sue realtà nelle quali ci sono anche alcuni dei
personaggi del tuo video. Alludo all’antologia di scrittori brindisini presenti
in “Via maestra”, nel quale c’è, tra i tanti altri, anche un bel racconto di
Pier Paolo Petrosillo; al bel disco di Paola Petrosillo ”Ariadimare”,
rivendicazione persuasiva della sua identità; al volume curato da Ettore
Catalano “Letteratura del Novecento in Puglia 1970-2008”, che traccia
finalmente una mappa critica dell’arte in terra brindisina e poi pugliese e
nata, come idea, proprio a Brindisi; infine a quel “Manifesto della Cultura”
nato solo pochi mesi fa, grazie soprattutto a Lele Amoruso, che proprio
dall’idea di promuovere la cultura brindisina e di “fare gruppo” nell’ambito
culturale, trae la sua ragion d’essere. Non ti cito altri, che certamente lo
meriterebbero e me ne scuseranno i tanti interessati, ma sono per fortuna
davvero tanti ed ho solo voluto menzionare le esperienze solo simbolicamente
significative.
Grazie, per concludere, per questo salutare pugno nello
stomaco, per questo ennesimo sasso gettato nello stagno di tanta nostra
indifferenza, per questo tuo inno alla speranza ed al domani; perché c’è anche
questo nel tuo bel video. Glielo dobbiamo a tutti i nostri figli e nipoti, a
partire da quello di fatti nato sotto l’occhio della tua telecamera; ma anche a
noi stessi, ad ognuno di noi, che vive, come fai tu, la vita della nostra
Brindisi, con forte senso di appartenenza alla sua storia ed alla sua vita,
provando, ognuno coi propri mezzi, a migliorarla.
Un abbraccio
Brindisi, 5 gennaio 2013
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