26 dicembre 2012
23 dicembre 2012
BRINDISI. IL PORTO HUB: UNA CHIAVICA.
“I
dati provvisori per il 1965, dimostrano che Brindisi è il Porto
Adriatico di maggiore traffico passeggeri superando a volte anche
Ancona, Venezia e Trieste.” (da: “Lineamenti Economici della Provincia di Brindisi” - Camera diCommercio 1967)
...Qual è realmente il “ruolo assegnato al Porto di Brindisi”?
“Porto: ... questa immensa risorsa è stata asservita allo sviluppo della grande Industria e degli interessi economici di alcuni operatori locali, con la conseguente rottura della identità fondativa fra città costruita e mare, tra Porto e comunità locale.”
“Non ci si può farci fagocitare dai settori di base a basso valore aggiunto (petrolchimica, energetica), indotti da sempre a tentare la trasformazione delle infrastrutture in uso riservato ed aziendalistico.”
Con queste meravigliose frasi del 2011, contenute negli atti preliminari al nuovo Piano Regolatore, qualcuno ha riavuto il coraggio di formalizzare nient’altro che tutta la verità sul condizionamento storico che Brindisi ha subìto negli ultimi cinquant’anni ed ancor’oggi, più che mai, subisce.
“Interventi realizzati dall’Autorità Portuale hanno annullato il vecchio rapporto identitario tra città e porto, mare e comunità”
La convinzione è che a moltissimi brindisini veraci piacerà sempre conservare il ricordo di un tempo non lontano.
Quando la bellezza dei lidi coloriva il fianco ai Fiumi Grande e Piccolo.
Qui è possibile leggere tutto il dossier

Il Porto è la vita per una città di mare.
Ma può essere la morte se lo si sfigura e uccide.
“In un momento così drammatico per la storia del porto di Brindisi, storicamente riconosciuto il porto d’imbarco dei passeggeri per la Grecia ed oggi tristemente e desolatamente vuoto, ognuno cerca il colpevole di questa rovina.”
“Ricordo, come tanti, cos’era Brindisi durante il periodo del fatidico milione di passeggeri, di quanto fosse bello quel periodo, di quante navi riuscivano ad ormeggiare in città e di quanti passeggeri riempivano i nostri corsi.”
...Qual è realmente il “ruolo assegnato al Porto di Brindisi”?
“Porto: ... questa immensa risorsa è stata asservita allo sviluppo della grande Industria e degli interessi economici di alcuni operatori locali, con la conseguente rottura della identità fondativa fra città costruita e mare, tra Porto e comunità locale.”
“Non ci si può farci fagocitare dai settori di base a basso valore aggiunto (petrolchimica, energetica), indotti da sempre a tentare la trasformazione delle infrastrutture in uso riservato ed aziendalistico.”
Con queste meravigliose frasi del 2011, contenute negli atti preliminari al nuovo Piano Regolatore, qualcuno ha riavuto il coraggio di formalizzare nient’altro che tutta la verità sul condizionamento storico che Brindisi ha subìto negli ultimi cinquant’anni ed ancor’oggi, più che mai, subisce.
“Interventi realizzati dall’Autorità Portuale hanno annullato il vecchio rapporto identitario tra città e porto, mare e comunità”
La convinzione è che a moltissimi brindisini veraci piacerà sempre conservare il ricordo di un tempo non lontano.
Quando la bellezza dei lidi coloriva il fianco ai Fiumi Grande e Piccolo.
Qui è possibile leggere tutto il dossier

Il Porto è la vita per una città di mare.
Ma può essere la morte se lo si sfigura e uccide.
“In un momento così drammatico per la storia del porto di Brindisi, storicamente riconosciuto il porto d’imbarco dei passeggeri per la Grecia ed oggi tristemente e desolatamente vuoto, ognuno cerca il colpevole di questa rovina.”
“Ricordo, come tanti, cos’era Brindisi durante il periodo del fatidico milione di passeggeri, di quanto fosse bello quel periodo, di quante navi riuscivano ad ormeggiare in città e di quanti passeggeri riempivano i nostri corsi.”
Etichette:
Articoli di Pierpaolo Petrosillo,
INCHIESTE
21 dicembre 2012
Un medico di cui andare fieri, Latini in Commissione europea sanità
BRINDISI- Le sue ricerche scientifiche
in campo sanitario-ambientale avevano già fatto parlare di lui, uno
scienziato all’ospedale Perrino di Brindisi. Giuseppe Latini, un medico
della sanità pubblica di cui andare fieri, chi lo conosce di lui dice,
che si è davanti ad un professionista con grandi noti umane, discreto,
di poche parole, con una grande sensibilità, soprattutto con i bambini. Le
sue pubblicazioni hanno trattato diversi argomenti dai dati sulle
malformazioni cardiache dei bambini nati a Brindisi negli ultimi dieci
anni alle analisi sul latte materno e degli elementi cancerogeni che
provengono da fattori esterni che si trasmettono ai bambini. Giuseppe
Latini, primario del reparto di Neonatologia presso l’ospedale “A.
Perrino” di Brindisi è stato scelto dalla Commissione scientifica
europea per la salute e i rischi ambientali per fare parte come
componente effettivo del gruppo di lavoro che studia sostanzialmente
tutte le implicazioni generate dai dispositivi medici.
Il ruolo dei dispositivi medici
nell’assistenza sanitaria è cruciale. La varietà e la capacità
innovativa di questo settore contribuiscono significativamente al
miglioramento della qualità e dell’efficacia dell’assistenza sanitaria.
Il settore dei dispositivi medici comprende un’ampia gamma di prodotti,
dalle semplici bende ai prodotti più sofisticati per il mantenimento in
vita, e svolge un ruolo fondamentale nella diagnosi, la prevenzione, il
monitoraggio e la cura delle patologie, al fine di migliorare la qualità
della vita dei cittadini che soffrono di disabilità.
L’impegno dell’UE riguarda
principalmente il quadro normativo relativo all’accesso al mercato, i
rapporti commerciali internazionali e la convergenza normativa, il tutto
finalizzato a garantire il massimo livello di sicurezza del paziente,
promuovendo al contempo l’innovazione e la competitività del settore.
Il nome di Latini, già nel marzo 2009,
fu pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea nell’apposito
elenco dei consulenti scientifici sulla valutazione dei rischi nella
sanità pubblica ed in quel caso fu scelto a fare parte di un pool di
esperti a servizio della Commissione Europea della Salute e Tutela dei
Consumatori.
La prossima riunione del gruppo di
lavoro è stata fissata al 28 gennaio a Bruxelles. Tra i criteri di
selezione che hanno determinato la nuova nomina del medico brindisino vi
sono esperienza professionale pertinente applicabile ai settori di
competenza dei comitati; esperienza nella valutazione dei rischi e nella
consulenza scientifica, in particolare nei settori attinenti alla
sanità pubblica; capacità di analisi; comprovata preparazione
scientifica di eccellente livello in uno o più campi attinenti al
settore di competenza; esperienza professionale in un ambiente
multidisciplinare e internazionale; capacità manageriali e
organizzative, in particolare per quanto riguarda la presidenza e
l’organizzazione di gruppi di lavoro.
(fonte: BrindisiOggi.it)
(fonte: BrindisiOggi.it)
Un altro palasport a Brindisi (… al tempo della crisi) -di Bruno Storella-
“Il nuovo Palasport si farà entro il settembre 2014,
parola del sindaco (!?) Ma per l’ENEL si va troppo al di là con il
tempo e così scoppia la polemica […] Le tempistiche esposte da Consales
non sono state particolarmente gradite dall’ENEL Basket Brindisi, tanto
da lasciar intravedere qualche nube sul futuro della pallacanestro a
Brindisi”. Frasi, queste, estrapolate, fra le altre, da un articolo di
stampa apparso in questi giorni, dal titolo “minaccioso”: “Palasport
subito o ce ne andiamo”.
Ed ancora,
nell’articolo si legge che i costi per la realizzazione del nuovo
Palasport ammonterebbero complessivamente a circa 10 milioni di euri,
così ripartiti (nelle intenzioni...): 5 milioni di euri a carico
dell’amministrazione comunale e gli altri 5 milioni di euri a carico
(sempre nelle intenzioni…) di alcuni privati (ancora da trovare….). E
nel caso in cui non si dovessero trovare dei privati disposti a sborsare
la loro parte? Nessun problema: l’amministrazione comunale provvederà
all’accensione di un mutuo per reperire la somma occorrente. Parola di
sindaco (!?)
Che la città di Brindisi sia
diventata, ormai da tempo, una sorta di ENELOPOLI, ovvero la città
dell’ENEL, i cui interessi sono esclusivamente incentrati sulla sua
centrale a carbone, è un dato di fatto. Così come, di conseguenza, un
dato di fatto è anche quello relativo alla privazione di quei diritti
“naturali” che attengono, appunto, alla salute della popolazione
brindisina, continuamente esposta al pericolo di patologie cancerogene
dovute alle emissioni nell’atmosfera delle polveri inquinanti prodotte
dal carbonENEL.
Ma, come se non bastasse
l’ENEL, ora a dettare legge nella nostra città ci si mette anche la
società dell’ENEL Basket, la quale pretende, con toni arroganti ed anche
in tempi brevi, che la città di Brindisi costruisca a sue spese e metta
a disposizione dell’ENEL squadra un nuovo Palasport, più grande di
quello già esistente, minacciando, altrimenti, di far disputare le sue
partite altrove.
Com’è evidente, quindi, qui
si tratta di aver perduto, da parte dei dirigenti del basket brindisino,
completamente il ben dell’intelletto o, per chi preferisce, i lumi
della ragione. La risposta più pertinente a tale assurda richiesta, da
parte dell’amministrazione comunale, sarebbe quella di regalare alla
società dell’ENEL Basket, in occasione delle imminenti festività
natalizie, un CD contenente la famosa canzone di Alberto Sordi: “Ve
c’hanno mai mannato a quel paese…”.
E
invece, no, dal momento che i lumi della ragione pare che siano stati
smarriti, almeno nella circostanza, anche dagli occupanti del “Palazzo”,
i quali, in un periodo come questo, contrassegnato da una crisi
economica devastante e la cui fine sembra essere ancora assai lontana,
invece di impiegare ogni sforzo economico in “primis” a favore delle
categorie di persone più svantaggiate, che sono tante in città, e più
in generale a favore di servizi primari utili all’intera collettività,
ritengono più opportuno spendere il denaro pubblico, circa una decina di
milioni di euri, per la costruzione di un altro “Palazz…etto” dello
sport, utile solo all’ENEL Basket e a qualche migliaio di suoi
aficionados.
Per la cronaca, a Torino, la
società di calcio della Juventus, quando non ha più ritenuto funzionale
alle sue esigenze lo stadio comunale, ha realizzato per proprio conto
una nuova struttura sportiva: lo “Juventus Stadium”, facendosi
totalmente carico di tutte le spese, senza nulla chiedere al Comune
torinese e di conseguenza non gravando in alcun modo a carico dei
cittadini.
Ecco, se l’ENEL Basket ha
necessità di avere un altro Palasport (“più bello e più grande di quello
di pria”, come direbbe il Gastone di Petrolini), perché l’esistente
“PalaElio”, di proprietà del Comune, non è più rispondente alle sue
necessità, allora se lo faccia fare a spese dell’ENEL, che è il suo
“patron” e del quale, peraltro, la squadra si fregia di portare con un
certo vanto anche il nome. Sarebbe l’unica occasione, forse, ove ciò
accadesse, in cui l’ENEL darebbe qualcosa alla città’, visto che sino
ad oggi è stato sempre il contrario.
In
proposito, inoltre, è d’obbligo la domanda: Il giorno in cui l’ENEL non
sponsorizzerà più il basket cittadino (cosa che prima o poi accadrà
inevitabilmente), ci saranno imprenditori brindisini in grado di
sostenere economicamente la squadra agli attuali livelli nazionali? O
anche il basket farà la stessa ingloriosa fine che ha fatto il calcio di
questa città? E a quel punto a cosa servirebbero due Palasport in una
città come la nostra che si trova agli ultimi posti della graduatoria
fra le città italiane, per (dis)occupazione, per (in)vivibilità, per
reddito pro-capite, ecc.ecc.?
Volendo
augurarsi, quindi, un lieto fine della vicenda, sarebbe auspicabile che
l’amministrazione comunale di Brindisi, con quel bel po’ di milioni di
euri risparmiati e avanzati… nelle casse (con la gioia dei brindisini
ENEL dolore… del baskettini), investisse più saggiamente quel denaro
(pubblico) in più valide e necessarie iniziative di pubblica utilità, al
fine di favorire al meglio l’attuale insufficiente qualità di vita
della popolazione brindisina tutta.
C’è un
aforisma di La Rochefoucauld che dice: “Troviamo dotate di buon senso
soltanto le persone che la pensano come noi”. Ora, se i cittadini di
Brindisi non la pensano come i loro amministratori, non è che siano
privi di buon senso (perché, come dice Cartesio: “Nulla è più equamente
distribuito del buon senso… “), ma è che gli stessi intendono fare uso
della libertà che hanno, come per esempio la libertà di pensiero e
quindi la libertà di parola.
Per concludere
con un sorriso, seppur malinconico: se gli amministratori pubblici non
rappresentano gli interessi dei cittadini, cosa si aspetta a cambiare
questi benedetti… cittadini?
Dott. Bruno Storella
(fonte: BrindisiSera)
19 dicembre 2012
I DATI DI ASSENNATO NON SONO AFFATTO RASSICURANTI
Dopo le dichiarazioni di Assennato sui dati "rassicuranti" dell' incidenza di tumori su Brindisi rispetto a Taranto e Lecce, i componenti del gruppo studio rispondono con una nota al direttore di Arpa Puglia.
“Sono dati davvero così rassicuranti?” si chiede Maurizio Portaluri, il
direttore del reparto di Radioterapia del “Perrino” di Brindisi e componente del gruppo di studio istituito la scorsa estate al
Comune per produrre una relazione sullo "stato di salute" della città di
Brindisi, comprensivo di una accurata analisi ambientale.
“La presentazione della nostra relazione – scrivono – è stata
largamente occupata dall’annuncio da parte del professor Assennato,
nella sua veste di coordinatore scientifico del Registro Tumori
Pugliese, del completamento del primo anno, il 2006, del registro tumori
di Brindisi. Assennato ha comunicato verbalmente che i dati non
presentano una situazione catastrofica e che l’incidenza dei tumori,
nella provincia e nel capoluogo, è inferiore a quelle di Lecce e
Taranto”.
“Ad eccezione dei tumori linfomi non Hodgkin (sia tra i maschi sia
tra le femmine) e dei tumori al seno e all’utero per cui a Brindisi si
registrerebbe un eccesso rispetto alle altre due province. Quest’ultimo
dato conferma la necessità espressa dal Gruppo di lavoro di dotarsi
urgentemente di un registro tumori”. Sin qui, nulla da ridire. Se non ci
fossero altri campanelli d’allarme su cui concentrare l’attenzione.
“La relazione del gruppo di lavoro passa in rassegnauna serie di dati
sanitari per nulla rassicuranti. Ci riferiamo in particolare
all’articolo appena accettato per la pubblicazione sull’eccesso di
malformazioni congenite dal 2001 al 2010 e all’articolo sugli incrementi
di ricoveri e decessi in corrispondenza di un aumento, persino nel
range di normalità, di inquinanti rilevati dalle centraline”, si legge
nel documento.
“Inoltre il gruppo di lavoro ha evidenziato, come peraltro implicito
nel progetto Sentieri dall’Istituto Superiore di Sanità, che studi
condotti su tutta la città mascherano gli effetti sui quartieri più
esposti. Gli eventi sanitari, tumori compresi, devono essere studiati in
funzione della dispersione degli inquinanti industriali. Quando questo è
stato fatto, in due periodi, anche a Brindisi gli effetti si sono
rivelati più intensi a minore distanza dall’aria industriale”.
Ci sono poi i dati emersi da altri studi (che indicano eccessi di
mortalità, per tutte le cause e per vari tumori, riscontrati nei periodi
precedenti) prima del 2006 e la valutazione da effettuare dei dati di
incidenza e di mortalità di varie patologie dal 2006 in poi.
Insomma: “Nel lavoro svolto sono stati riportati anche i dati
dell’inquinamento dei suoli e delle falde acquifere, che indicano, così
come anche rilevato dall’Arpa, una contaminazione grave e generalizzata
dei suoli e della falda freatica soggiacente tutte le aree di proprietà
delle diverse società coinsediate nel petrolchimico. L’inquinamento è
stato riscontrato anche per i suoli e le acque delle altre aree del Sin
(Sito di interesse nazionale). Il gruppo non ha potuto poi occuparsi del
grave problema delle discariche, dell’amianto, dei radionuclidi”.
Quindi non è il caso di escludere che vi sia una emergenza ambientale
a Brindisi, visto il “grave inquinamento del suolo e delle acque”
evidenziato dal Cnr che esige interventi urgenti di bonifica e politiche
per la riduzione delle emissioni. Non è solo dai dati sul cancro,
insomma, che si misura la gravità del rischio cui è esposto un
territorio. Brindisi, secondo gli esperti che si sono più volte
confrontati nel corso dell’estate, corre un pericolo enorme.
Qui sotto
la relazione scaricabile del gruppo di lavoro e gli allegati.
fonte_brindisireport.it
17 dicembre 2012
VIETATO FUMARE? INCONTRO DIBATTITO CON FABIO MATACCHIERA E MAURIZIO PORTALURI
Martedì 18 Dicembre 2012
con inizio previsto per le ore 9,30 presso il Teatro Comunale di Ceglie Messapica, si terrà -Vietato fumare?- incontro a teatro con Fabio Matacchiera
militante del Fondo Anti-Diossina, ed il dott. Maurizio Portaluri del comitato "No Al Carbone" di Brindisi.
Ad organizzare l'evento sono gli studenti del Liceo Classico-Scientifico "Cataldo Agostinelli", in collaborazione con la Residenza Teatrale di Ceglie Messapica.
Il dibattito si svilupperà attorno alle tematiche riguardanti i due stabilimenti produttivi dei capoluoghi dell'area jonico-salentina, con riferimenti e riflessioni su ambiente, salute, economia ed occupazione. I protagonisti del dibattito, oltre ai due autorevoli ospiti, saranno i liceali cegliesi che arricchiranno l'attività con interventi frutto delle conoscenze acquisite al termine di un percorso informativo intrapreso nelle assemblee di classe.
Il dibattito si articolerà in tre fasi:
- Introduzione riguardante il rapporto di ILVA e centrale ENEL di Cerano con il territorio, con particolare attenzione agli effetti su economia ed occupazione
- Ricostruzione sulla storia dei due stabilimenti e dei rapporti con la politica delle rispettive dirigenze
- Confronto sulle varie ipotesi di gestione futura dei due stabilimenti
L'assemblea sarà mediata dai rappresentanti degli studenti Giulia Suma e Sergio Nisi.
Si ringraziano la Residenza Teatrale di Ceglie Messapica ed Enrico Messina per la cortese collaborazione e l'attenzione da loro manifestata verso le esigenze degli studenti.
L'evento è aperto agli organi di stampa e a tutti i cittadini interessati alle tematiche trattate.
COMUNICATO STAMPA STUDENTI LICEO "CATALDO AGOSTINELLI"
militante del Fondo Anti-Diossina, ed il dott. Maurizio Portaluri del comitato "No Al Carbone" di Brindisi.
Ad organizzare l'evento sono gli studenti del Liceo Classico-Scientifico "Cataldo Agostinelli", in collaborazione con la Residenza Teatrale di Ceglie Messapica.
Il dibattito si svilupperà attorno alle tematiche riguardanti i due stabilimenti produttivi dei capoluoghi dell'area jonico-salentina, con riferimenti e riflessioni su ambiente, salute, economia ed occupazione. I protagonisti del dibattito, oltre ai due autorevoli ospiti, saranno i liceali cegliesi che arricchiranno l'attività con interventi frutto delle conoscenze acquisite al termine di un percorso informativo intrapreso nelle assemblee di classe.
Il dibattito si articolerà in tre fasi:
- Introduzione riguardante il rapporto di ILVA e centrale ENEL di Cerano con il territorio, con particolare attenzione agli effetti su economia ed occupazione
- Ricostruzione sulla storia dei due stabilimenti e dei rapporti con la politica delle rispettive dirigenze
- Confronto sulle varie ipotesi di gestione futura dei due stabilimenti
L'assemblea sarà mediata dai rappresentanti degli studenti Giulia Suma e Sergio Nisi.
Si ringraziano la Residenza Teatrale di Ceglie Messapica ed Enrico Messina per la cortese collaborazione e l'attenzione da loro manifestata verso le esigenze degli studenti.
L'evento è aperto agli organi di stampa e a tutti i cittadini interessati alle tematiche trattate.
COMUNICATO STAMPA STUDENTI LICEO "CATALDO AGOSTINELLI"
14 dicembre 2012
LA GERMANIA SIGNOR SORGENTI, LA GERMANIA.
Sarebbe meglio non citare completamente quello che scriveva nelle "bagatelle" pre-processo il vice presidente di Assocarboni, Rinaldo Sorgenti, in merito al report della SOMO, definendolo "un'estrapolazione teorica sulla base di concetti
generici e fuorvianti" e consigliandoci di far riferimento a Paesi seri come la Germania.
Sarebbe meglio non citarlo per evitare di trovarcelo cespugliato in qualche angolo del web pronto a controbattere con una serie di stucchevoli ed interminabili divagazioni sul tema.
La Germania dicevamo, signor Sorgenti, nello specifico Stoccarda.
La riconversione a carbone dell’impianto di Porto Tolle provocherebbe 85 morti premature l’anno. A dirlo è uno studio dell'Università di Stoccarda, (EcoSenseWeb), sviluppato per la misurazione degli impatti energetici e tarato sulle condizioni specifiche del sito portotollese che Greenpeace ha divulgato lunedì 3 dicembre.
All’indomani della riapertura dell’iter di valutazione dell’impatto ambientale del progetto di riconversione a carbone da parte del Ministero dell’Ambiente (lo scorso 30 novembre), lo studio tedesco stima le ricadute sanitarie di una centrale a carbone nel Parco del Delta del Po e ciò che ne risulta è allarmante. Le previsioni dicono che le emissioni di una centrale a carbone a Porto Tolle, così come la vorrebbe realizzare Enel, determinerebbero 85 casi di morte prematura all'anno.
Le cause? Patologie dell’apparato respiratorio provocate dalle polveri sottili ovvero le Pm2,5 che si disperderebbero nell’aria con le emissioni di ossido di azoto e ossido di zolfo. Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia spiega: “La mortalità prematura determinata dalle emissioni dell'impianto sarebbe più alta anche rispetto a precedenti stime, già realizzate con un metodo dell'Agenzia europea per l'Ambiente e presentate da Greenpeace alcuni mesi addietro”.
Lo studio è stato applicato all’intero parco termoelettrico di Enel e i risultati rilevati sono dati dalla media tra gli anni di vita persi e le morti premature. “In pianura padana - continua Onufrio - ci sono delle particolari condizioni atmosferiche, con un ricambio di aria più basso. Benché una parte del territorio portotollese sia meno popolato della media, bisogna ricordare che le polveri sottili nell’atmosfera si spargono in un raggio di qualche centinaio di chilometri, ecco che anche tra Milano e Bologna le Pm2,5 potrebbero avere un impatto rilevante sulla popolazione”.
Sulle emissioni di Co2 (per le quali a Porto Tolle è previsto un impianto sperimentale di cattura e stoccaggio), invece, Onufrio frena: “Un impianto di questo tipo, benché diversi esempi si siano dimostrati fallimentari, sottrarrebbe energia alla centrale e ne diminuirebbe l’attività”. Infine, per quanto riguarda una eventuale conversione a gas (l’unica ipotesi di utilizzo della centrale di Porto Tolle ammessa da Greenpeace), Onufrio sottolinea: “Il gas è dimostrato che altera il clima ma non provoca danni sanitari diretti ai cittadini”.
All’indomani della riapertura dell’iter di valutazione dell’impatto ambientale del progetto di riconversione a carbone da parte del Ministero dell’Ambiente (lo scorso 30 novembre), lo studio tedesco stima le ricadute sanitarie di una centrale a carbone nel Parco del Delta del Po e ciò che ne risulta è allarmante. Le previsioni dicono che le emissioni di una centrale a carbone a Porto Tolle, così come la vorrebbe realizzare Enel, determinerebbero 85 casi di morte prematura all'anno.
Le cause? Patologie dell’apparato respiratorio provocate dalle polveri sottili ovvero le Pm2,5 che si disperderebbero nell’aria con le emissioni di ossido di azoto e ossido di zolfo. Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia spiega: “La mortalità prematura determinata dalle emissioni dell'impianto sarebbe più alta anche rispetto a precedenti stime, già realizzate con un metodo dell'Agenzia europea per l'Ambiente e presentate da Greenpeace alcuni mesi addietro”.
Lo studio è stato applicato all’intero parco termoelettrico di Enel e i risultati rilevati sono dati dalla media tra gli anni di vita persi e le morti premature. “In pianura padana - continua Onufrio - ci sono delle particolari condizioni atmosferiche, con un ricambio di aria più basso. Benché una parte del territorio portotollese sia meno popolato della media, bisogna ricordare che le polveri sottili nell’atmosfera si spargono in un raggio di qualche centinaio di chilometri, ecco che anche tra Milano e Bologna le Pm2,5 potrebbero avere un impatto rilevante sulla popolazione”.
Sulle emissioni di Co2 (per le quali a Porto Tolle è previsto un impianto sperimentale di cattura e stoccaggio), invece, Onufrio frena: “Un impianto di questo tipo, benché diversi esempi si siano dimostrati fallimentari, sottrarrebbe energia alla centrale e ne diminuirebbe l’attività”. Infine, per quanto riguarda una eventuale conversione a gas (l’unica ipotesi di utilizzo della centrale di Porto Tolle ammessa da Greenpeace), Onufrio sottolinea: “Il gas è dimostrato che altera il clima ma non provoca danni sanitari diretti ai cittadini”.
Etichette:
Greenpeace,
Porto Tolle,
STUDI E RICERCHE
13 dicembre 2012
15 DICEMBRE_TARANTO LIBERA
Diciamo NO al decreto "ammazza Taranto" che si contrappone agli
articoli 32 e 41 della Costituzione italiana.
CHI HA INQUINATO DEVE PAGARE
Concentramento alle ore 16:30 in Piazza Sicilia.
Il
corteo giungerà sino a Piazza della Vittoria dove si terrà un concerto
di artisti che si esibirà gratuitamente per dare il proprio sostegno
alla causa.
Non ci saranno interventi dal palco e vi invitiamo a NON PORTARE simboli associativi o partitici di alcun tipo.
12 dicembre 2012
LI MARANGI VI LI PURTAMU NUI
“Il 12 è arrivato. Ed è stato come lo avevamo immaginato: lungo, freddo e carico di
tensione, ma con una voglia matta di esserci, di essere presenti anche per quella città che proprio non se la
sente di uscire di casa. Ancora una volta è mancata quasi per intero, come sono
mancati gli studenti , ma c'eravamo noi che di questa città ne facciamo parte e
forse è pure giusto così, vorrà dire che sbagliamo in qualcosa e dovremo
lavorarci ancora tanto. Ma non me la
sento di vederla nera, oggi abbiamo ottenuto un piccolo grande risultato, non
sappiamo come andrà a finire, ma sentire il nome dei NAC in quell'aula oggi mi
ha emozionato, riempito di gioia, resterà ancorato nei ricordi più belli della
mia vita. “
“Le arance ve le portiamo noi”, recitava uno dei tanti
cartelli delle Mamme-Nac che oggi hanno animato numerose il presidio dinanzi al tribunale. La
prima udienza del processo Enel presieduta dal giudice monocratico Cacucci era
fissata per le ore 9, ma già dalle 8, mentre in città gli attacchini si
apprestavano ad aggiornare i manifesti 6x3 della campagna di Greenpeace, noi
del movimento No al carbone insieme alle Mamme-Nac srotolavamo i primi
striscioni.

L’udienza viene spostata alle ore 12 e poi successivamente
alle ore 14.30.
La folta presenza dei cittadini costringe anche il cambio
dell’aula, si va tutti nell’aula Metrangolo: l’aula bunker! Davanti al giudice Cacucci si costituiscono le
parti.
Gli imputati sono Lorenzo Laricchia e Giuseppe Varallo, responsabili del nastro trasportatore; Diego Baio,responsabile protempore
dell’ufficio Ambiente e sicurezza di Cerano; Calogero Sanfilippo, Luciano Pistillo e Antonino Ascione, tutti e tre ex
responsabili dell’Unità di business Brindisi-Cerano, e l’ex capo centrale
Vincenzo Putignano. Quindi Luca Screti, titolare della ditta “Nubile” e Aldo
Cannone, titolare della impresa omonima, addetti al trasporto carbone; Sandro
Valery, responsabile protempore area business Enel Produzione; Fausto Bassi,
Unità Business Cerano; Giammarco Piacente e Fabio De Filippo, unità operativa
Esercizio Ambiente e Sicurezza a Cerano;
Massimo Distante e Giovanni Madia, Movimentazione combustibili Cerano.

Tra i grandi assenti ingiustificati sicuramente la regione Puglia
del presidente Niki Vendola, colui che in campagna elettorale dal palco di
piazza vittoria urlò queste parole: ”signori dell’Enel: il secondo tempo lo
giocheremo a Brindisi”. Niki Vendola a Brindisi non c’è più tornato (se n’è
guardato bene) e oggi ha girato le spalle a quella sessantina di agricoltori
che in questi anni hanno perso le loro terre e il loro reddito “sotto un velo di
quella cosa che per l’Arpa di Brindisi era una -polvere nerastra non separabile-”.
Ci vedremo dunque tra
poco meno di un mese ancora più determinati e intanto respingiamo al mittente con forza
e sdegno ogni tentativo di imbrattare
questo momento storico.
Abbiamo collaborato con orgoglio e soprattutto convinzione
alla campagna di sensibilizzazione di Greenpeace che anche alla vigilia di
questo importante processo ha continuato a ricordare che il carbone uccide.
Oggi però, puntuale come ad ogni chiamata dell’azienda
“oltraggiata”, arriva il comunicato del comitato dei "Si al carbone" capeggiato
dal sindacalista e dipendente Enel DePunzio che condanna l’iniziativa di Greenpeace
ed in particolare l’utilizzo delle foto dei nostri bambini per questa campagna
imponente.

Fa bene il signor DePunzio ed il suo comitato a provare
vergogna per quelle foto: quei bambini, tutt’altro che ignari, invocano il
diritto ad un futuro migliore mentre voi difendete vergognosamente le sporche
verità del carbone.
Noi invece, continueremo a gridare l’unica soluzione:
fermare il carbone.
Etichette:
Greenpeace,
Processo Enel,
SIAMO TUTTI PARTE OFFESA
11 dicembre 2012
BAGATELLE PER UN PROCESSO (in chat con il vicepresidente di Assocarboni)
A 48 ore dall'apertura del processo Enel l'atmosfera attorno all'azienda e i suoi apparati inizia a diventare una canicola. Le temperature salgono a tal punto che è costretto a scomodarsi il Dott. Sorgenti, vice Presidente Nazionale di Assocarboni, che dalla sua scrivania accende il pc e dedica un intero pomeriggio a chattare su Facebook come un novello "Indivanados" sui post di "propaganda" del movimento No al carbone.
"Le patate iniziano a scaldarsi" (come diceva mio nonno) quando il profilo del comitato
"Le patate iniziano a scaldarsi" (come diceva mio nonno) quando il profilo del comitato
SpeziaViaDalCarbone pubblica, a commento di un post Nac, un video-documentario dal titolo "3 mesi in 3 minuti", dove protagonista è la centrale Enel di La Spezia.
Da lì inizia la bagarre.
Pubblichiamo lo scambio di battute affinchè rimangano ad imperitura memoria, non perchè abbiano una particolare importanza, ma perchè ci piace così!
Perchè con sottile ilarità ricorderemo quel giorno, come il giorno in cui il vicepresidente di Assocarboni si mise a chattare con noi!
Da lì inizia la bagarre.
Pubblichiamo lo scambio di battute affinchè rimangano ad imperitura memoria, non perchè abbiano una particolare importanza, ma perchè ci piace così!
Perchè con sottile ilarità ricorderemo quel giorno, come il giorno in cui il vicepresidente di Assocarboni si mise a chattare con noi!
8 dicembre 2012
MONITORAGGI IN CONTINUO? CI PENSIAMO NOI.
BRINDISI, PETROLCHIMICO 7 DICEMBRE 2012 ORE 21.36
SFIAMMATE DALLE TORCE: PROBLEMA RISOLTO. O FORSE NO.
BRINDISI, CERANO. CENTRALE ENEL FEDERICO II 7 DICEMBRE 2012 ORE 9.00
COSA SUCCEDE MERCOLEDI' 12 DICEMBRE?
SFIAMMATE DALLE TORCE: PROBLEMA RISOLTO. O FORSE NO.
BRINDISI, CERANO. CENTRALE ENEL FEDERICO II 7 DICEMBRE 2012 ORE 9.00
COSA SUCCEDE MERCOLEDI' 12 DICEMBRE?
Etichette:
CENTRALI A CARBONE,
ENEL-Federico II-,
PETROLCHIMICO,
VIDEO
PER NON DIMENTICARE
La nascita del polo chimico di Brindisi e il tragico incidente.
Per il polo industriale di Brindisi la Montecatini previde 180 miliardi di lire di investimento, l'occupazione di oltre 800 ettari di terreno agricolo e 3.800 addetti con lo stabilimento a pieno regime di funzionamento. L'impianto avrebbe prodotto materie plastiche, tra le quali il polipropilene, polietilene, elastomeri, polimeri per fibre sintetiche, aldeidi, alcoli, solventi organici, per complessivi 700.000 tonnellate all'anno di derivati dal petrolio.
Le infrastrutture furono progettate prevedendo uno sviluppo industriale dell'agglomerato di Brindisi in grado di dare lavoro, nel 1975, a ben 15-18.000 addetti. Fu costruita, in quel periodo, la grande centrale termoelettrica (quella attualmente denominata "Brindisi Nord"), in grado di sviluppare allora una potenza di 130.000 kW; l'energia prodotta veniva distribuita a tutto lo stabilimento utilizzando 400 km di cavi.
Nel polo di Brindisi venivano lavorate, nel primo anno di funzionamento, 1.500.000 tonnellate di petrolio. Dal "cracking" si ottenevano prodotti quali il propilene, l'etilene, il butadiene, ecc. Per completare il ciclo produttivo venivano sottoposte ad elettrolisi 200.000 tonnellate annue di salgemma provenienti dalle miniere siciliane, da cui si ricavavano cloro e soda caustica, mentre dal mare veniva estratto il bromo. Il complesso Polymer utilizzava l'etilene per produrre una fibra tessile artificiale.
Si pensava che la presenza di un simile colosso della chimica avrebbe generato un fiorente indotto. Lo sviluppo dell'indotto, con le imprese che dovevano ottenere prodotti di elevato valore aggiunto derivati dalle materie di base, si dimostrò insoddisfacente e molto inferiore alle ottimistiche previsioni dei primi anni.
Mezz’ora dopo la mezzanotte del 8 dicembre 1977 esplodeva il reparto P2T del Petrolchimico Montedison di Brindisi, provocando una tragedia che non ha precedenti nella storia della città del Grande Salento. Vetri infranti, sirene di sicurezza attivate automaticamente ed un boato sentito per oltre 50 Km. Tragico il bilancio delle vittime coinvolte nell’incidente: 52 feriti e 3 vittime.
Erano circa le 22 quando il reparto P2T, produttore di etilene, veniva posto in fase di preavviamento, dopo nove giorni di fermo, per intraprendere urgentissimi interventi di manutenzione. Lavori durati fino alle 00.30, quando nella “zona fredda” (il punto dell’impianto dove il liquido viene consolidato e trasformato in prodotto finito) avveniva lo scoppio.
La fuga di gas invadeva i forni, nell’aria l’acre presenza del gas anticipava la nube che, a sua volta, ne testimoniava la mortale presenza. Proprio l’odore del gas diventava la salvezza degli operai rimasti nei reparti limitrofi dello stabilimento, i quali si davano alla fuga dopo l’esplosione.
Nel frattempo il panico invadeva la città brindisina. Scene di devastazione si susseguivano incessantemente, mentre orde di sciacalli invadevano il centro abitato, approfittando delle vetrate distrutte dei negozi dall’onda d’urto generata dall’esplosione. Alle 4 era un’emittente locale ad aumentare la confusione della già provata e impaurita popolazione brindisina, invitandola ad evacuare a causa dell’arrivo di una nube tossica generata dai gas dell’impianto industriale.
Notizia clamorosamente falsa e immediatamente smentita. Nel reparto P2T nel frattempo arrivavano i soccorsi e si succedevano gli accertamenti delle vittime che venivano accertati essere tre. Arrivavano le 7 di mattina e l’incendio non era ancora del tutto domato: bruciavano ancora i gas residui contenuti ancora all’interno delle tubature. Avrebbe dovuto albeggiare, ma il cielo era ancora scuro: la fitta coltre di fumo nero si elevava verso l’alto, sovrastando tutto e tutti. Il giorno seguente veniva proclamato il lutto cittadino e la chiusura delle scuole e dei pubblici esercizi veniva accompagnato dallo sciopero dei dipendenti di tutti gli stabilimenti del gruppo Montedison.
Al funerale delle vittime, cui prese parte anche un commosso Sandro Pertini (che pochi mesi dopo diventò Presidente della Repubblica), insieme a tutta l’opinione pubblica, chiese a gran voce: “è necessaria la sicurezza sul lavoro, se questo dramma ha un significato è proprio quello di dire che non siamo abbastanza saggi e la morte di questi tre fratelli per noi deve essere una lezione”.
La maggiore industria chimica italiana, la Montecatini, avviò alla fine degli anni ‘50 l'operazione Monteshell e la costruzione a Brindisi dell'impianto Montecatini - Polymer, per risolvere, principalmente, le difficoltà finanziarie in cui si trovava utilizzando i forti incentivi previsti dallo Stato per gli interventi nel Mezzogiorno.
Per il polo industriale di Brindisi la Montecatini previde 180 miliardi di lire di investimento, l'occupazione di oltre 800 ettari di terreno agricolo e 3.800 addetti con lo stabilimento a pieno regime di funzionamento. L'impianto avrebbe prodotto materie plastiche, tra le quali il polipropilene, polietilene, elastomeri, polimeri per fibre sintetiche, aldeidi, alcoli, solventi organici, per complessivi 700.000 tonnellate all'anno di derivati dal petrolio.
Le infrastrutture furono progettate prevedendo uno sviluppo industriale dell'agglomerato di Brindisi in grado di dare lavoro, nel 1975, a ben 15-18.000 addetti. Fu costruita, in quel periodo, la grande centrale termoelettrica (quella attualmente denominata "Brindisi Nord"), in grado di sviluppare allora una potenza di 130.000 kW; l'energia prodotta veniva distribuita a tutto lo stabilimento utilizzando 400 km di cavi.
Nel polo di Brindisi venivano lavorate, nel primo anno di funzionamento, 1.500.000 tonnellate di petrolio. Dal "cracking" si ottenevano prodotti quali il propilene, l'etilene, il butadiene, ecc. Per completare il ciclo produttivo venivano sottoposte ad elettrolisi 200.000 tonnellate annue di salgemma provenienti dalle miniere siciliane, da cui si ricavavano cloro e soda caustica, mentre dal mare veniva estratto il bromo. Il complesso Polymer utilizzava l'etilene per produrre una fibra tessile artificiale.
Si pensava che la presenza di un simile colosso della chimica avrebbe generato un fiorente indotto. Lo sviluppo dell'indotto, con le imprese che dovevano ottenere prodotti di elevato valore aggiunto derivati dalle materie di base, si dimostrò insoddisfacente e molto inferiore alle ottimistiche previsioni dei primi anni.
Mezz’ora dopo la mezzanotte del 8 dicembre 1977 esplodeva il reparto P2T del Petrolchimico Montedison di Brindisi, provocando una tragedia che non ha precedenti nella storia della città del Grande Salento. Vetri infranti, sirene di sicurezza attivate automaticamente ed un boato sentito per oltre 50 Km. Tragico il bilancio delle vittime coinvolte nell’incidente: 52 feriti e 3 vittime.
Erano circa le 22 quando il reparto P2T, produttore di etilene, veniva posto in fase di preavviamento, dopo nove giorni di fermo, per intraprendere urgentissimi interventi di manutenzione. Lavori durati fino alle 00.30, quando nella “zona fredda” (il punto dell’impianto dove il liquido viene consolidato e trasformato in prodotto finito) avveniva lo scoppio.

Nel frattempo il panico invadeva la città brindisina. Scene di devastazione si susseguivano incessantemente, mentre orde di sciacalli invadevano il centro abitato, approfittando delle vetrate distrutte dei negozi dall’onda d’urto generata dall’esplosione. Alle 4 era un’emittente locale ad aumentare la confusione della già provata e impaurita popolazione brindisina, invitandola ad evacuare a causa dell’arrivo di una nube tossica generata dai gas dell’impianto industriale.
Notizia clamorosamente falsa e immediatamente smentita. Nel reparto P2T nel frattempo arrivavano i soccorsi e si succedevano gli accertamenti delle vittime che venivano accertati essere tre. Arrivavano le 7 di mattina e l’incendio non era ancora del tutto domato: bruciavano ancora i gas residui contenuti ancora all’interno delle tubature. Avrebbe dovuto albeggiare, ma il cielo era ancora scuro: la fitta coltre di fumo nero si elevava verso l’alto, sovrastando tutto e tutti. Il giorno seguente veniva proclamato il lutto cittadino e la chiusura delle scuole e dei pubblici esercizi veniva accompagnato dallo sciopero dei dipendenti di tutti gli stabilimenti del gruppo Montedison.
Al funerale delle vittime, cui prese parte anche un commosso Sandro Pertini (che pochi mesi dopo diventò Presidente della Repubblica), insieme a tutta l’opinione pubblica, chiese a gran voce: “è necessaria la sicurezza sul lavoro, se questo dramma ha un significato è proprio quello di dire che non siamo abbastanza saggi e la morte di questi tre fratelli per noi deve essere una lezione”.
Etichette:
08/12/77 Lo scoppio del reparto P2T,
PETROLCHIMICO
6 dicembre 2012
ENEL FESTEGGIA 50 ANNI E GREENPEACE DEPONE 360 SAGOME.
120 attivisti hanno protestato pacificamente in Piazza del Popolo a
Roma, dove Enel ha allestito un “museo” multimediale dell’energia per
festeggiare i suoi 50 anni. Davanti alla struttura gli attivisti di Greenpeace hanno deposto più
di 360 sagome con questo messaggio: “Il carbone di Enel causa 366 morti
premature l’anno in Italia”.
Non è un bel compleanno, questo di Enel. Nella sua pubblicità, Enel ci ha chiesto per mesi “quanta energia c’è in un attimo”, senza dirci invece quanta CO2 c’è in un solo secondo: oltre una tonnellata, per limitarci alla sola produzione nel nostro Paese. continua>>>
Non è un bel compleanno, questo di Enel. Nella sua pubblicità, Enel ci ha chiesto per mesi “quanta energia c’è in un attimo”, senza dirci invece quanta CO2 c’è in un solo secondo: oltre una tonnellata, per limitarci alla sola produzione nel nostro Paese. continua>>>
5 dicembre 2012
INIZIA IL PROCESSO: NOI CI SAREMO.
Mercoledì 12 Dicembre, alle ore 09:00, presso il tribunale di Brindisi inizia il processo contro Enel, non far mancare la tua presenza.
SIAMO TUTTI PARTE OFFESA.
Saranno in 13 fra dirigenti e dipendenti a sedere al banco degli
imputati. L'accusa, secondo il decreto di citazione a giudizio, è quella
di aver messo in atto un DISEGNO CRIMINOSO che ha portato alla
dispersione di polveri di carbone oltre il recinto aziendale causando
gravi danni ambientali. Rinviati a giudizio anche due imprenditori che
avevano in carico la movimentazione del carbone presso la centrale Enel
di Cerano.
Il movimento NO AL CARBONE sarà
presente, sostenuto dalle migliaia di firme dei cittadini raccolte in
simbolico favore, per costituirsi parte civile.
Per Brindisi è
l'occasione per iniziare a fare sentire con forza la propria voce di
protesta, il netto diniego verso un modello di sviluppo industriale
calato dall'alto e imposto alla cittadinanza che ha portato negli ultimi
decenni a spremere e falcidiare un territorio che viveva di
agricoltura, in nome del mero profitto e d'interessi aziendali, ben
lontani da quelli della comunità brindisina.
I capi d'accusa
attinenti prettamente a reati ambientali non devono distogliere
l'attenzione da reati ben più gravi, attualmente oggetto di indagine,
riguardanti lesioni e morti da inquinamento nella zona di Cerano.
Fondamentale la presenza della cittadinanza tutta affinché questo
processo sia solo l'inizio di un percorso giuridico che porti finalmente
a fare luce su Enel e l'uso criminoso ed indiscriminato che questa ha
fatto del carbone, causando ingenti danni ambientali e alla salute dei
brindisini.
Il movimento NO AL CARBONE sarà presente, sostenuto dalle migliaia di firme dei cittadini raccolte in simbolico favore, per costituirsi parte civile.
Per Brindisi è l'occasione per iniziare a fare sentire con forza la propria voce di protesta, il netto diniego verso un modello di sviluppo industriale calato dall'alto e imposto alla cittadinanza che ha portato negli ultimi decenni a spremere e falcidiare un territorio che viveva di agricoltura, in nome del mero profitto e d'interessi aziendali, ben lontani da quelli della comunità brindisina.
I capi d'accusa attinenti prettamente a reati ambientali non devono distogliere l'attenzione da reati ben più gravi, attualmente oggetto di indagine, riguardanti lesioni e morti da inquinamento nella zona di Cerano.
Fondamentale la presenza della cittadinanza tutta affinché questo processo sia solo l'inizio di un percorso giuridico che porti finalmente a fare luce su Enel e l'uso criminoso ed indiscriminato che questa ha fatto del carbone, causando ingenti danni ambientali e alla salute dei brindisini.
4 dicembre 2012
BRINDISI BENE COMUNE ESPRIME SOLIDARIETA' E SOSTEGNO ALLA MAGISTRATURA DI TARANTO
Un comunicato stampa di Brindisi Bene Comune che pubblichiamo e sottoscriviamo pienamente.
Brindisi Bene Comune esprime solidarietà e pieno sostegno all’azione della Magistratura di Taranto che con grande abnegazione e senso delle istituzioni lavora per proteggere la salute di tutti i cittadini di Taranto e i lavoratori dell’ILVA.
Il Governo con il recente decreto legge “Salva ILVA“ interviene per fermare la Magistratura, per consentire alla famiglia Riva di continuare ad utilizzare la fabbrica producendo acciaio per se e morte per i cittadini. Il Decreto Legge rappresenta un vero e proprio attentato all’indipendenza della Magistratura revocando di fatto i provvedimenti del Giudice Todisco per consentire la produzione dell’acciaio e la sua commercializzazione bloccata dal giudice di Taranto. Una Decreto che viola gli articoli 32 e 41 della Costituzione sul diritto alla salute e sui limiti dell’iniziativa privata. continua>>>
Brindisi Bene Comune esprime solidarietà e pieno sostegno all’azione della Magistratura di Taranto che con grande abnegazione e senso delle istituzioni lavora per proteggere la salute di tutti i cittadini di Taranto e i lavoratori dell’ILVA.
Il Governo con il recente decreto legge “Salva ILVA“ interviene per fermare la Magistratura, per consentire alla famiglia Riva di continuare ad utilizzare la fabbrica producendo acciaio per se e morte per i cittadini. Il Decreto Legge rappresenta un vero e proprio attentato all’indipendenza della Magistratura revocando di fatto i provvedimenti del Giudice Todisco per consentire la produzione dell’acciaio e la sua commercializzazione bloccata dal giudice di Taranto. Una Decreto che viola gli articoli 32 e 41 della Costituzione sul diritto alla salute e sui limiti dell’iniziativa privata. continua>>>
Iscriviti a:
Post (Atom)