di Antonio Nicola Pezzuto - 21 settembre 2012
Il
grido d’ allarme del Procuratore Capo Cataldo Motta: “Lo Stato non è
più in grado di dare lavoro, la mafia sì. Questo è il più potente degli
strumenti di controllo del consenso sociale”. (tratto da antimafiaduemila.com )
Le mani della Sacra Corona Unita sul settore delle energie rinnovabili, un business che non poteva lasciare indifferenti gli uomini della mafia salentina.
foto: Paola Attanasio |
A far saltare il banco la denuncia di un imprenditore taglieggiato
che ha denunciato dando il via alle indagini sfociate nell’ operazione
“Helios” che ha consentito, grazie all’ arresto di sedici persone, di
colpire duramente il clan Buccarella.
Ben tre generazioni di Buccarella
sono state interessate dal blitz, come ha evidenziato il Procuratore
Capo Cataldo Motta.
Le ordinanze di custodia cautelare sono state
firmate dal Gip distrettuale Alcide Maritati su richiesta del Sostituto
Procuratore della Dda Alberto Santacatterina. Le indagini partono nel
dicembre del 2009 quando il titolare di
un’ azienda messinese impegnata
nella
foto: Valeria Leggiero |
realizzazione di un campo fotovoltaico denuncia le richieste di
pizzo da parte di Giovanni Buccarella (85 anni, padre del boss
Salvatore, detto Toto Balla) e di Cosimo Giardino Fai. I due, arrestati
in flagranza mentre riscuotevano una tangente di 18mila euro, vengono
entrambi condannati: otto anni per l’ 85enne, sei anni e otto mesi per
Fai che ha scelto di essere giudicato con l’ abbreviato. In seguito a
questo episodio gli investigatori hanno acceso un faro sul ricco settore
delle energie rinnovabili. Così, avvalendosi delle dichiarazioni di
cinque pentiti, e soprattutto di intercettazioni, sono riusciti a
concretizzare il loro lavoro.Un’ intera famiglia impegnata nel
controllo di questo settore, che si avvaleva della collaborazione di
numerosi sodali e di un altro importante esponente della Scu brindisina,
Francesco Campana. Nella retata sono finiti il vecchio Giovanni, 85
anni, il figlio Salvatore che dalla casa circondariale di Secondigliano
continuava ad essere il vero boss, il nipote Angelo figlio di Salvatore e
anche le donne della famiglia accusate di avere fatto da tramite tra
gli uomini detenuti in carcere e i gregari fuori, incaricati di gestire
gli affari sul territorio.
Facendo leva sulla sua forza
intimidatoria, il clan Buccarella riusciva a imporre il pizzo alle
aziende operanti nel campo delle rinnovabili, senza fare ricorso a
bombe, incendi, o peggio ancora, morti ammazzati. Le estorsioni potevano
consistere anche in assunzioni di sodali, o affini, con mansioni di
guardiania nei cantieri per l’ impianto dei pannelli, o di manovalanza
semplice. Una Sacra Corona Unita imprenditrice che riesce a sostituirsi
allo Stato in un momento economico così difficile.
Da qui il grido d’
allarme lanciato dal Procuratore Capo Cataldo Motta: “Lo Stato non è più
in grado di dare lavoro, la mafia sì. Questo è il più potente degli
strumenti di controllo del consenso sociale, insieme alla cento euro
versata a fondo perduto dal boss di turno alla gente comune che ne ha
bisogno”. “La prospettiva di conseguire grossi guadagni dalla presenza
sul territorio delle aziende impegnate nel fotovoltaico e nell’ eolico –
ha continuato Motta – aveva in qualche modo sedato ogni rancore tra i
gruppi rivali”. Infine, il Procuratore Capo invita le vittime a
collaborare, esprimendo una forte preoccupazione, in quanto le “aziende
mafiose possono fare concorrenza sleale e prevaricare le imprese sane”.
Il rischio, secondo Cataldo Motta, è che il Salento nei prossimi anni
possa diventare “una terra mafiosa”.
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