E’ di nuovo allarme tumori per le ricadute ambientali e
sanitarie derivanti dall’attività di trattamento di fanghi industriali
dell’inceneritore di Baciacavallo. Un nuovo studio
commissionato ad un pool di esperti universitari di Mestre, promosso
dall’associazione Vita, ambiente e Salute onlus, ha rilevato nel raggio
di due chilometri intorno all’impianto di Baciacavallo, livelli di
diossina superiori fino a 12 volte rispetto a quanto consentito dalla
legge. In particolare l’analisi è stata svolta su tre campioni, due
polli ed una anatra, allevati nell’area di ricaduta di Baciacavallo.
Tutti e tre i campioni sono risultati gravemente contaminati per la
presenza di diossine e Pcb (Policlorobifenili). Sostanze quest’ultime
messe al bando dalla convenzione di Stoccolma del 2001 che aveva lo
scopo di proteggere la salute umana da queste molecole. Dalle varie
analisi effettuate in tutta Italia è emerso che nel raggio di 10
chilometri da questi impianti aumenta il rischio malformazioni, mentre
nel raggio di tre chilometri aumentano le probabilità di essere colpiti
da tumori allo stomaco, al fegato o da linfomi. Nel caso specifico
dell’inceneritore di Baciacavallo il rischio maggiore è quello di essere
colpiti dal cancro ai polmoni. “Questi sono dati che non ci stupiscono –
spiega il medico oncologo Patrizia Gentilini, che ha collaborato alla
stesura del documento – Già nel 2007 era emerso dalle indagini dell’Asl
di Pistoia sull’inceneritore di Montale, che il livello più alto di
diossine, superiore di 11 volte al consentito, si trovava in un
territorio “bianco”, proprio quello nell’area di Baciacavallo.
Nonostante tutto ciò l’inceneritore di Baciacavallo continua
indisturbato nella sua attività”. “Noi diciamo basta ad opere dannose,
inutili e costose – commenta Gabriele Pecchioli, vicepresidente di Vas –
il rischio è quello che a rimetterci non saremo solo noi ma anche le
generazioni future”.
Stefano De Biase