5 marzo 2013

L'ENEL VUOLE SPEGNERE I MAYA

di Luca Manes

Una decina tra delegati, fotografi e video maker italiani della «Campagna Solidarietà con le Comunità Ixiles», aderente alla Rete StopEnel, a febbraio hanno trascorso due settimane in Guatemala per monitorare le conseguenze di alcuni progetti dell’Enel, tra cui la diga di Palo Viejo, nel cuore del territorio abitato dalla popolazione dei Maya Ixiles.
La loro missione sul campo è stata fitta di incontri con esponenti delle autorità guatemalteche, dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani, con l’ambasciatore italiano, la stessa Enel, ma soprattutto delle comunità locali, così da poter acquisire informazioni sui progetti contestati.
Negli ultimi mesi si sono tenute alcune udienze pubbliche presso l’Alta Corte guatemalteca sui ricorsi presentati dalle autorità Ixiles contro il ministero dell’Energia e delle Miniere e contro le sentenze a favore dei progetti per la produzione e il trasporto di energia elettrica, Secondo le Comunità Ixiles quei progetti si stanno imponendo nella regione senza rispettare le procedure adeguate. La pubblica accusa si è già espressa a favore delle autoritá Ixiles, dal momento che ritiene che lo Stato abbia violato i diritti della popolazione e le normative nazionali approvando le concessioni senza previamente realizzare una consultazione e fornire le corrette informazioni alle popolazioni locali.

Uno dei progetti più controversi è proprio quello della già citata diga di Palo Viejo, collocato all’interno della Finca San Francisco, un’immensa piantagione di caffè gestita dall’Agricola Cafetelera Palo Viejo. La finca appartiene alla famiglia Broll ed è stata messa insieme nel corso del secolo scorso attraverso la progressiva sottrazione di terre ai municipi limitrofi, alle comunità indigene e ai contadini. Ancora oggi i conflitti sulla proprietà della terra sono numerosi.
La delegazione ha potuto riscontrare come l’Enel abbia concordato con la famiglia Broll una percentuale dell’8,5 per cento sulle entrate derivanti dalla centrale idroelettrica, ma non intenda accettare la richiesta del 20 per cento da parte delle popolazioni locali, come risarcimento per i danni provocati dalla realizzazione dell’opera sui fiumi e sulle montagne che i Maya abitano da migliaia di anni. L’attraversamento della Finca non è stato di per sé molto facile, visto il livello di militarizzazione molto elevato, al punto che la delegazione a un certo punto è stata «seguita» da un’ambulanza piena di uomini armati. Purtroppo questa situazione ha fatto sì che gli esponenti della «Campagna Solidarietà con le Comunità Ixiles» non potessero verificare in maniera adeguata le conseguenze della diga sull’ambiente. Quasi paradossale che nell’abboccamento avuto con esponenti dell’Enel, i funzionari stessi abbiano confermato «le difficoltà di movimento nella Finca».
Ma i problemi non finiscono qui. Le popolazioni indigene, infatti, hanno ribadito la mancanza di consultazione da parte dell’azienda – la stessa Enel ha confermato di relazionarsi solo con interlocutori «istituzionali», non con i rappresentanti Ixiles – sebbene in questi casi il dialogo con i gruppi etnici presenti sul territorio sia previsto dalla Costituzione del Guatemala e dalla Convenzione 169 dell’Ilo (elemento ribadito anche durante l’incontro con gli esponenti dell’Onu). Nel corso di vari meeting, la delegazione ha constatato che tale ricco cahier de doleances riguarda anche le opere in fase di programmazione, come le dighe Xalala,Vega1 e Vega2, HidroIxil e HidroXacbal.
Le tensioni sociali sono quindi destinate ad aumentare in un’area del Paese dove, durante i lunghi anni della dittatura e della la guerra civile terminata solo negli anni Novanta, si è registrato il numero più alto di vittime.

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